Delitto Vannini, la sentenza: famiglia Ciontoli condannata per omicidio volontario

di ELIANA NARCISI (ELIANA ENNE) –

La sentenza che aspettavamo è arrivata e ha posto la parola “fine”, si spera, a una vicenda drammatica che ha sconvolto l’opinione pubblica. Perché Marco Vannini, quel ragazzo biondo col sorriso grande e gli occhi buoni che abbiamo imparato a riconoscere nelle foto sul web, l’avevamo adottato un po’ tutti. Perché la sera che è morto si trovava a casa della sua seconda famiglia, in un ambiente che credeva sicuro, tra persone che avrebbero dovuto proteggerlo. Perché a ucciderlo non è stato un incidente e neppure l’azione di una singola persona, ma il comportamento consapevole e compatto di una famiglia intera.

I Giudici della Corte d’Assise d’Appello di Roma hanno accolto le richieste dell’accusa e, implicitamente, anche quelle del popolo che già all’indomani della morte schiumava parole di odio contro la famiglia Ciontoli. Sono stati riconosciuti tutti colpevoli di omicidio volontario con dolo eventuale. Hanno ritardato consapevolmente i soccorsi, hanno mentito a tutti, ai medici del 118, ai sanitari arrivati con l’ambulanza, alla stessa madre di Marco. Centodieci maledetti minuti impiegati a coprire tracce e responsabilità anziché a cercare di aiutare quel povero ragazzo che, lo dicono tutte le perizie medico-legali (incluse quelle della difesa degli imputati), si sarebbe potuto salvare.

Marco era un ragazzo bello come il sole e buono come il pane. Non lo dico io, ma lo stesso Antonio Ciontoli poco prima della lettura della sentenza che oggi ha condannato lui a quattordici anni di carcere e tutta la sua famiglia a nove anni e quattro mesi. Una sentenza che probabilmente farà bene anche agli stessi imputati, perché il fatto che l’avessero sostanzialmente sfangata nel giudizio d’appello precedente aveva scatenato un odio sociale senza precedenti nei loro confronti (“Ho ricevuto migliaia di minacce di morte”, ha dichiarato Ciontoli). Una sentenza che ha fatto giustizia, ma che non restituirà la vita alla vittima e lascerà i genitori convivere con il dolore e gli imputati con il rimorso.

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