Si torna sui banchi di scuola. Calo demografico e spettro degli scioperi

di GIUDITTA CASTELLI –

Vacanze agli sgoccioli e si riparte per la nuova grande amata, temuta, ma anche odiata avventura. I primi studenti d’Italia torneranno sui banchi già l’11 e il 12 settembre (ad eccezione di Bolzano del Piemonte, rispettivamente in aula dal 5 e 9 settembre). Sono infatti le regioni che stabiliscono il calendario scolastico e per gli studenti delle Marche le scuole apriranno lunedì 16 settembre, insieme a quelle della Toscana, Liguria, Calabria, Lazio, Molise, Emilia Romagna, Sardegna, Abruzzo. Il momento più emozionante sarà per i genitori marchigiani dei 12.942 alunni che varcheranno la soglia della prima classe della Primaria, sono i nati nell’anno 2012 (6.654 maschi, 6.288 femmine) e che, suddivisi per provincia, sono: 1.676 ad Ascoli Piceno (818 maschi –  808 femmine), 4.109 ad Ancona (2119 maschi – 1990 femmine), 1.413 a Fermo (713 maschi – 700 femmine), 2.673 a Macerata (1.370 maschi – 1.303 femmine), 3.121 a Pesaro Urbino (1.634 maschi – 1.487 femmine).

Alunni e genitori saranno accolti all’interno delle aule, coinvolti in attività “giocose” di accoglienza preparate con cura dai docenti in servizio già dal 2 settembre. Un giorno da ricordare, immortalato dagli smartphone e segnato dalle lacrime di mamme e alunni: un dramma per alcuni. Forse alla base c’è lo smarrimento delle troppe aspettative, quando invece tutto dovrebbe svolgersi naturalmente in modo sereno e giocoso. Le scuole che mettono in atto strategie didattiche attive riusciranno più di altre tradizionali a mettere a loro agio gli alunni già dal primo giorno di scuola.

Ma il cielo sarà comunque adombrato da nuvole metaforiche: meno nati, meno alunni, meno cattedre, tagli sul personale. Prendendo come classe di riferimento i nati nell’anno 2012, si rileva la preoccupante curva discendente nelle Marche della popolazione studentesca degli ultimi 5 anni (2019: 12.942, 2018: 13.562, 2017: 13.815, 2016: 14.126, 2015: 14.311 da addebitarsi al calo delle nascite).

Un fenomeno comunque nazionale stando ai dati diffusi dall’Istat che prendono a riferimento il decennio 2008-2019.  L’allarme è giunto dal presidente Gian Carlo Blangiardo in occasione della presentazione del Rapporto annuale dell’Istituto di statistica: «Un calo demografico che non si vedeva da un secolo, dal lontano biennio 1917-1918, un’epoca segnata dalla Grande Guerra e dai successivi drammatici effetti dell’epidemia di “spagnola”.  Un calo contrastato in parte negli ultimi 40 anni dal “saldo migratorio”».

In Italia purtroppo non si fanno più figli e nel frattempo s’invecchia. Nel 2050, la quota dei 15-64enni potrà scendere al 54,2% del totale, circa dieci punti percentuali in meno rispetto a oggi. Si tratta di oltre 6 milioni di persone in meno nella popolazione in età da lavoro. L’Italia sarebbe così tra i pochi Paesi al mondo a sperimentare una significativa riduzione della popolazione in età lavorativa. Le ragioni della bassa natalità sono individuate dall’Istat: primo nel fatto che il 45% delle donne tra i 18 e i 49 anni, dati riferiti al 2016, non ha ancora avuto figli,  e questo spiega circa i tre quarti del calo di nascite che si è verificato nello stesso periodo. La restante quota dipenderebbe dalla diminuzione della fecondità (da 1,45 figli per donna del 2008 a 1,32 del 2017).

La diminuzione delle nascite sarebbe poi da attribuire al calo dei nati da coppie di genitori entrambi italiani, che scendono a 359 mila nel 2017 (oltre 121mila in meno rispetto al 2008). Anche i cittadini stranieri residenti in Italia fanno meno figli. Dal 2012 al 2017 diminuiscono, infatti, anche i nati con almeno un genitore straniero (oltre 8mila in meno) che scendono sotto i 100mila (il 21,7% del totale). Un calo che si registra anche nelle Marche. Facendo riferimento agli alunni che varcheranno per la prima volta la scuola primaria i dati elaborati dall’Istat segnano anche un calo degli alunni stranieri: 12,1% (2018)   12,6% (2017) 13,6% (2016)  13,8% (2015), 14,1% (2014). Mancano le percentuali del 2019.

Ma sono le difficoltà economiche e sociali che portano le giovani coppie a rinunciare a realizzare i progetti familiari. Purtroppo questo è un fenomeno in crescita. Una tragedia occupazionale scolastica.  Il Ministero dell’Istruzione aveva presentato infatti al Ministero dell’Economia e Finanza una richiesta di autorizzazione per l’assunzione di oltre 58mila docenti per l’anno scolastico 2019-2020. Ma non verrà accontentata. La Ragioneria dello Stato (Mef) infatti non ha accettato la richiesta adducendo come motivo che gli studenti sono diminuiti e i docenti non servono. Così la quota si è ridotta di 5 mila unità: solo 53.627 immissioni in ruolo. Per i sindacati si apre così un nuovo fronte di proteste visto che, a fronte del calo demografico, l’auspicio era di poter formare classi meno affollate.

A settembre tornano così anche gli scioperi scolastici: il primo sarà il 18 settembre, il secondo il 27 proclamati dall’Associazione sindacale Sisa (Sindacato Indipendente Scuola e Ambiente) coinvolge tutto il personale della scuola: docenti, dirigenti, personale Ata, dipendenti di ruolo o precari in Italia e all’estero. Rischia così di slittare il primo giorno di scuola agli studenti della Puglia, gli unici in Italia a rientrare a scuola il 18 settembre. Lo sciopero del 27 settembre coincide con un giorno importante per gli attivisti di Fridays For Future  – “Venerdì per il Futuro”, noto anche come sciopero scolastico per il clima – che hanno organizzato una manifestazione con l’obiettivo importante di coinvolgere oltre 4.500 piazze in tutto il mondo.

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