di ENRICA LOGGI –
All’inizio c’era solo la carta da regalo, per simulare il cielo. Una carta stellata di più colori, appoggiata con le puntine al muro. A vederla così, sembrava un disegno puerile. Invece era proprio quella carta a dettare le bizzarrie e la gioia del cielo da rappresentare. Avevamo conservato la capanna, fatta negli anni scorsi di legno compensato tinto color ocra, col tetto di rametti raccolti in riva al mare e mossi a onde irregolari, di colore scuro. E il “mare” era entrato nel chiarore diffuso del cielo, nelle onde che si ripetevano in forma di piccoli fiori ai bordi della capanna, simile a una grotticella, dal pavimento fatto di canne, con sopra le figure della Natività: quelle di sempre, messe lì a suggerire, a percepire profondamente l’immensità dell’Evento.
Un ramo di statice sporgeva sopra il rustico tetto, una chioma di fiorellini in forma di piccole, bianche stelle, pallide, che raccoglievano la poesia di questo piccolo mondo. La capanna era il fulcro di tutta l’evocazione, innalzata su una base fatta di muschio e sassi. Li avevamo raccolti sulla spiaggia, avendo cura di scegliere la forma sghemba e il colore vicino al grigio e all’ocra, per ricreare in un baleno un paesaggio tra il reale e l’irreale, appoggiato dolcemente ad accogliere le figure dei pastori.
I sassi, sistemati in un primo momento evocavano un ambiente quasi agreste, gli uni sugli altri, in un ritmo dolcemente musicale, mentre si disegnava tutto l’insieme, dettato solo dalla fantasia. Alle pietre avevamo aggiunto dei sassolini colorati di rosa, e del brecciolino multicolore, che in un baleno davano vaghezza e sostanza di grazia alla scena che andava prendendo forma. Un altro tipo di percorso era formato da tronchetti minimi verniciati in oro, e qui le sagome umane si disponevano riversando le loro pose ed i loro colori sul basamento rupestre che man mano si offriva agli occhi come una visione di pace.
Si dispiegava docilmente questo piccolo universo e dietro alla capanna, alcuni rametti di pino, a suggerire un bosco, accoglievano la remotezza del mistero mentre una collana di stelle luminose si adagiava sulla grotta, emanando una luce che non voleva essere di questa terra: un richiamo degli astri, una celeste ghirlanda era come un profumo dove lo sguardo indugiava perdendosi nella totalità della visione.
Lo stupore di un angelo a vegliare con noi sui pallidi colori delle figure che esprimevano, nella loro fissità e nelle loro movenze, quello che avremmo voluto vivere, duemila anni fa, e adesso si porge in un assonare di eventi che solo così possiamo vivere e sognare.
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