Gianluigi Pepa, il Magnifico neorinascimentale

Gianluigi Pepa

di GIUSEPPE FEDELI –

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Gianluigi Pepa è un artista sui generis, che cavalca gli universali dell’arte interpretandola in maniera originale e originaria. Gianluigi non è soltanto un artista di vaglia: è anche un giurista di nobile aspetto, intelligente e garbato, ricco di humor; insomma, uno che sa cogliere il senso della vita, da cui prende le distanze, perché  ha capito che, se non fai così, se non riesci non prenderti troppo sul serio, la vita ti schiaccia. Lepido e sorridente, sornione e di squisita e vivace compagnia, eccentrico senza mai scadere nel kitsch, la sua arte è un evento originario: nella ideazione dell’opus l’artista riesce a cogliere in fieri il noumeno. La sua cifra tecnico-stilistica, la sua Musa sono i fiori: germogli che fa sbocciare lussureggianti dentro gli specchi del mondo di Alice, su specchiere incantate che la strega rivale di Biancaneve  gli avrebbe sicuramente invidiato.
Questi fiori che spandono intorno una fragranza sensuosa si accampano sullo sfondo che riflette il “fingitore”, sì da creare l’effetto “strabismo di Venere”(l’io allo specchio?…). Campiti nella loro stravagante personalità, colori  – amplessi floreali, quando accesi di passione, quando soffusi di malinconia: fiori che si piegano l’uno verso l’altro per baciarsi, in un abbraccio  cosmico, in una festa versicolore da cui si schiudono altre cose: colori fiori rami e pioggia e neve e vento e sole, li puoi indovinare anche se non ci sono, ognuno lì può  interpretare a suo piacimento.
Gianluigi ha voluto ritagliarsi questo spazio, questa nicchia ecologica perché, quando si di-verte per impronta digitale dal senso comune, non si può non dar sfogo ai propri istinti e alle proprie inclinazioni: diversamente si vanificherebbe, ovvero si contravverrebbe al Sé, per usare una categoria junghiana. Ma il “protagonista” è anche altro: a questa passione egli affianca lo studio di codici e pandette, e mentre si diletta a dipingere e a creare mondi, si cinge d’alloro: il suo studio è la sua galleria, occhieggiano qua e là pudiche e concupiscenti le sue creature, che danno una ragione a quello che altrimenti sarebbe  un algido quartier generale di sofismi.
Gianluigi scrive poi di giornalismo, è un umanista  nel senso più nobile del termine: organizza e partecipa a iniziative e a incontri di beneficenza, dapprima suonando la grancassa per coinvolgere quanta più gente possibile, di poi facendo calare il sipario in silenzio: forte del monito evangelico: non sappia la destra quel che fa la sinistra. Tanto per aggiungere una medaglia al suo palmares, Gianluigi media per tentare di risolvere liti e baruffe  in modo auspicatamente indolore.
Io l’ho conosciuto casualmente, ed è scattata subito una empatia. Canta dolente un mio amico poeta:”riconosco i miei simili/ da un’ombra nello sguardo:/ per salvare i mortali/ siamo giunti in ritardo”. La speranza, ultima dea, è che si possa in un conflato di anime salvare la Bellezza. È  una scommessa: salvare il mondo: questo mondo, che sta scendendo precipitevolissimevolmente la china fatale.

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Giuseppe Fedeli, autore dell’articolo dedicato a Gianluigi Pepa