“The Alienist”, la serie americana che anticipa l’investigazione scientifica

di GIAMPIETRO DE ANGELIS

L’esperienza di un viaggio ricco di suggestioni e atmosfere ben dipinte che, anche nei tratti più noir, non perdono in eleganza gotica. È stata questa la sensazione percettiva che ho avuto nel seguire la serie in streaming “L’Alienista”: un viaggio nella mente, nei luoghi, nella storia. In un periodo contemporaneo a Sigmund Freud, prima che venissero coniate le terminologie attuali, come psichiatria e psicanalisi, ad occuparsi dei disturbi mentali erano gli Alienisti, medici psicologi che studiavano le estraniazioni dalla realtà dei soggetti con personalità alienate. L’ambientazione della serie è in una New York di fine ‘800, con strade già trafficate da carrozze e gang, dall’aspetto moderno per il tempo rispetto ad altre città, organizzata e iperattiva, competitiva e fumosa, tenebrosa e affascinante.

La ricostruzione scenografica è a dir poco perfetta, ricca di dettagli e attenzioni al periodo storico in quella che sarebbe diventata la città simbolo del progresso tecnologico: le abitazioni dotate delle prime lampadine elettriche, il telefono a parete, le carrozze taxi, l’inizio della “scientifica” nelle indagini poliziesche, le primissime automobili, nonché i primi risultati concreti dell’emancipazione femminile, il superamento degli stereotipi in un clima dove già l’immagine di sé in ambito sociale ha un peso specifico significativo, favorito o minacciato da una stampa agguerrita e ben strutturata. Una New York così, che anticipa tutto, ha in sé inevitabilmente anche gli abissi umani. Ed ecco una serie di delitti efferati dove le nascenti teorie della psicanalisi trovano il terreno ideale per esercitarsi in parallelo, ma anche in competizione, alle indagini di polizia.

La serie si compone di due stagioni per un totale di 18 puntate, tutte coerenti, senza sbavature di regia, intrise di suspense come si conviene ad un thriller investigativo. Non ci si annoia, una puntata tira l’altra e non solo per la trama ma anche per il metodo. Interessanti i profili psicologici dei personaggi, interessanti gli approcci scientifici nelle investigazioni e oltremodo interessanti le descrizioni sociali: le emarginazioni da un lato, l’opulenza vittoriana dall’altra, così come vengono raccontate la miseria e il potere manipolatorio. Interessantissima la prospettiva: in un’epoca in cui i criminali erano considerati geneticamente predisposti, i protagonisti della serie cercano di risolvere i casi elaborando il profilo psicologico dell’assassino, basandosi anche sul suo modus operandi, analizzando i dettagli più nascosti. Una vera immersione nella mente del serial killer.

La serie si ispira all’omonimo libro di Caleb Carr, romanziere newyorchese esperto di storia militare statunitense. Il romanzo, che è un best seller, è stato pubblicato in ben 24 paesi. I personaggi principali sono l’alienista Laszlo Kreizler, interpretato da Daniel Brühl, l’investigatrice Sara Howard (dapprima impiegata presso il comando di polizia, poi detective privata con propria agenzia investigativa), interpretata da Dakota Fanning, il reporter illustratore del New York Times John Schuyler Moore, interpretato da Luke Evans. La cooperazione tra i tre funziona come un cronometro di precisione, pur con i rimandi al vissuto personale, gli intrecci sentimentali, le complicanze psicologiche e caratteriali.

Emergono bene anche le figure dei fratelli Marcus e Lucius Isaacson che si occupano per la polizia di medicina legale, interpretati rispettivamente da Douglas Smith e Matthew Shear.
Trattandosi di una serie thriller non entro nei particolari della trama. Aggiungo invece, a testimonianza del successo ricevuto da parte del pubblico e della critica,  che ha ricevuto due nomination ai premi Golden Globe e che sono in molti, compreso chi scrive, ad attendere la terza stagione.

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