“Ahi serva Italia!” di Monaldi & Sorti. Gennari: «Un abile connubio di storia e poesia»

di GIUSEPPE GENNARI *

Sono rare le opere nelle quali l’eleganza della scrittura riesce a tener testa alla traboccante ricchezza di contenuto. In questo loro secondo lavoro dedicato a Dante – “Ahi serva Italia! Dante di Shakespeare II” – Monaldi & Sorti ci riescono ancora una volta luminosamente. Nel più sorprendente turbinio di immagini poetiche colme di vita che sia concepibile, un’incendiaria profusione di materia lirica e tragica zampilla spiazzante dal tessuto informativo raccolto dagli autori, prezioso scrigno delle meraviglie che racchiude il variegato patrimonio artistico-culturale pullulante in Europa al tempo di Dante. Abile connubio di storia e poesia, l’opera colpisce in modo così capillare e pervasivo il lettore avveduto da lasciarlo in uno stato di sbigottito sbalordimento: ma come hanno fatto a smaltire con apparente nonchalance la mole di lavoro di cui gli autori si sono “subissati”?

É infatti davvero sgomentante la labirintica corposità artistica di questo trasognante viaggio nei meandri purgatoriali della Divina Commedia effettuato ancora una volta sulle ali felici del sommo augello di Stratford, di cui hanno usato e valorizzato – con la consueta capacità di mimesi – il verbo fiorito e il genio scintillante, intarsiandoli nella levità della loro perlacea scrittura; da dove baluginano gioielli, come la “fabula” dell’albero sulla collina, raccontata da Guido Cavalcanti all’amico Dante con le cadenze del più angosciante sole nero schizzato dalla penna allucinata del miglior Dostoevskij; o come pure i temi sinuosi che si ramificano dall’infuocato crogiuolo di un supremo amore estatico e carnale perché concepito dall’occhio di un poeta capace di abbracciare in un solo sguardo la terra e il cielo.

In realtà, ha proprio tutta la bella connotazione d’un atto di supremo amore, quest’opera “shakespeariana” su Dante, vasta, sfaccettata e profonda in misura così smisurata da non potersi preventivamente immaginare. Sola chiave ne è un’attenta, molto accorta lettura. Allora, un po’ meravigliati, si scoprirà che, più acutamente, si tratta di un’escursione sui danteschi tormenti riferibili all’uomo di ogni tempo, sempiterna preda dell’ambivalenza esasperata tra terrena voluttà e celeste ascesi.

(Rita Monaldi e Francesco Sorti sono una coppia di bravissimi scrittori italiani di romanzi gialli storici, marito e moglie nella vita. *Giuseppe Gennari vive a San Benedetto del Tronto, dove è presidente del Centro Léo Ferré e direttore artistico del Festival omonimo dedicato al poeta-musicista monegasco. Autore di un saggio di pedagogia, Scuola un’esperienza di negazione del ruolo, pubblicato nel lontano 1975, e di un saggio sull’arte della traduzione – Les arts du spectacle di AAVV – pubblicato in Francia nel recente 2020, ha nel frattempo tradotto romanzi per Frassinelli, Mondadori, Lindau, non trascurando di “riversificare” canzoni. Giuseppe Gennari, sia detto tra di noi, altro non è che un “seduttore” di francese).

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