Il grande “vecchio” di Hollywood compie 92 anni. Clint Eastwood, tra cinema e vita privata

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Non sappiamo se fosse bel tempo a San Francisco il 31 maggio del 1930. Probabilmente sì, la immaginiamo così la California, con il sole, bella gente, grandi ville, estesi vigneti. E quel nonsoché di speciale. Infatti, quando nacque Clint, figlio di Margaret e Clinton Eastwood, le ostetriche dovettero pensare che era insolito che un neonato pesasse 5 chilogrammi, tant’è che lo soprannominarono Samson, che sta per Sansone. Non sbagliavano, le infermiere. Il piccolo Clint aveva davanti a sé un futuro da recordman della cinematografia, e non solo per l’imponenza del fisico da adulto, ben 1,93 metri di altezza, e la longevità (oggi ha 92 anni), ma per le qualità indiscutibili che lo hanno portato ad aver 5 Oscar, 4 David di Donatello, 6 Golden Globe. In una intervista, Sergio Leone – il regista che primo fra tutti ne comprese le potenzialità – aveva raccontato di essere stato sorpreso da un certo atteggiamento di Clint. Quel suo incedere tra il pigro e il rilassato, di poche parole. Eppure, bastava la sua presenza in scena per catturare le attenzioni di tutti. In Italia la grande notorietà nel filone western, con le tre pellicole della “trilogia del dollaro”.

Eastwood si impone al mondo come l’attore con lo sguardo dagli occhi di ghiaccio e per certe espressioni tra il duro e il burbero. Una prima curiosità da svelare è che, nei film di Leone, appare come un grande fumatore di sigari che, in realtà, è solo una esigenza da copione cinematografico. L’attore era ed è un salutista, non fuma, è attento al cibo e pratica la meditazione. Sembrerebbe strano, considerando i suoi personaggi dai metodi non convenzionali, aspri e risoluti, come l’ispettore Harry Callaghan – ben 5 pellicole su questo poliziotto, icona dell’antieroe – ma è così. Clint va oltre i suoi personaggi, e soprattutto non si identifica solo come attore, piuttosto come un uomo che nel cinema sa muoversi a suo agio anche – e forse meglio – come regista e autore. Non è possibile dimenticare film di alto livello, come “Million Dollar Baby”, “Mystic River”, “Gran Torino”. A proposito di “Mystic River” è da notare che oltre la regia, Eastwood ha firmato la colonna sonora come compositore. Anche musicista, quindi. Suona bene il pianoforte e ama il jazz. Del resto, non fosse stato per la chiamata nell’esercito, avrebbe conseguito il diploma di musica.

La vita privata è ricca di particolarità. Come essere stato un discreto giocatore di basket e l’aver cambiato 10 scuole per via dei trasferimenti dei suoi genitori. Dettaglio non da poco. L’instabilità residenziale ha sicuramente inciso nella personalità e nel carattere, come nella capacità relazionale e nella vita sentimentale. Eastwood ha 8 figli, da almeno 5 donne diverse. Un suo aforisma sembra calzare bene: «Siamo tutti il prodotto di ciò che abbiamo visto nella vita». E lui, di cose, ne ha viste tante. A 21 anni, ancora militare, si era ritrovato nelle fredde acque oceaniche a seguito dell’atterraggio involontario di un aereo rimasto senza carburante. Era quasi notte, il mare non era calmo, in lontananza si intravvedevano le luci della città costiera. Poteva fare solo una cosa, e la fa: nuotare, senza mollare. E lui, ne ha fatto una filosofia. In una sua celebre citazione afferma: «Se qualcosa non va per il verso giusto, devi sforzarti di farcela andare».

Tra le passioni di vita, produce birra. Sua la “Pale Rider Ale” che vende anche a fini di beneficenza nell’albergo di sua proprietà, lo storico Mission Ranch Hotel che l’attore ha ben conservato. La struttura del 1800 dalla posizione spettacolare, vicino all’Oceano Pacifico, ha giardini curatissimi e non è raro vedervi parcheggiato il pick up di Clint. Gioca molto, e bene, a golf ed ha un centro tutto suo, il Pebble Beach, tra i 10 campi più belli al mondo, praticamente a ridosso delle scogliere dove si infrangono le onde dell’oceano. Naturalmente, un tipo alla Eastwood potrebbe essere insofferente al traffico della città. Infatti, Clint guida l’elicottero, una delle cose che gli piace fare e non per snobismo. Essere solo, lassù, ha un valore simbolico. Rende più preziosa la vita, ricordando l’unicità, la padronanza che occorre per “guidare” se stessi.

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