Incontri con l’autore, genealogia e destino nel “Libro del sangue” di Matteo Trevisani

di ELIANA NARCISI (ELIANA ENNE) –

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – «Da qualche anno ogni mattina, poco dopo l’alba, mi siedo a gambe incrociate al centro dello studio, a interrogare i morti.» Inizia così il Libro del sangue (ed. Blu Atlantide), terzo capitolo della straordinaria avventura di genealogia e destino di Matteo Trevisani, presentato sabato 8 gennaio all’Auditorium “Tebaldini” di San Benedetto del Tronto nell’ambito della rassegna invernale Incontri con l’autore curata dall’associazione I luoghi della scrittura in collaborazione con l’Amministrazione comunale e la Libri ed Eventi. A conversare con lo scrittore, Giovanna Frastalli.

Entrato nel mondo dei libri come editor, divenuto poi collaboratore di varie testate nazionali tra cui il Corriere della sera, il sambenedettese Matteo Trevisani è oggi una delle penne più interessanti e quotate della narrativa italiana. Dopo l’esordio con Il libro dei fulmini, autentico caso letterario del 2017, un libro iniziatico legato alla magia, alla storia di Roma antica e a come si possa in qualche modo tornare dal mondo dei morti, e dopo Il libro del sole, che affronta il tema della conoscenza, l’autore torna in libreria con questo romanzo visionario, originale, ambientato in un mondo del “possibile” attraverso un sapiente intreccio di fonti storiche e finzione. La storia si sviluppa intorno al destino del protagonista che, cercando le tracce dei suoi avi, viene a conoscenza di un’antica maledizione di famiglia secondo cui dovrà morire entro pochi giorni.

«Tutto è iniziato quando ero piccolo, mi raccontavano di mio zio Giuseppe (fratello di mio padre che peraltro ha il suo stesso nome), che era morto nel naufragio del Madonna di San Giovanni. – spiega l’autore – La geneaologia si pone un po’ le stesse domande della filosofia (da dove vengo, perché sono qui) perciò col tempo mi sono appassionato alla ricerca, ai nomi, alla simbologia, al destino. Ho scoperto che quello del naufragio nella mia famiglia è un tema ricorrente, esattamente come i nomi delle persone coinvolte. Zio Giuseppe, infatti, era solo l’ultimo di una serie di naufraghi. Sapevo che prima o poi avrei scritto di geneaologia, ma non ne sono stato sicuro fino a quando non è nato mio figlio. A tutte le domande circa il passato, cosa mi hanno lasciato i miei avi, cosa ho ereditato, quali gioie o dolori, si è aggiunta quella decisiva, cosa potrò io lasciare a mio figlio. È così che ho capito che ero pronto a scriverne».

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