“Shunga”, apre domani l’esposizione di Giacomo Recchioni al Museo Vidacilius di Grottammare

di REDAZIONE –

GROTTAMMARE – Si apre domani “Shunga. Amore e Passione nell’Arte Fluttuante”, esposizione a cura dall’antropologo Giacomo Recchioni, in mostra dal 7 al 31 agosto presso il Museo Vidacilius di Grottammare, dove verrà esposta una delle più vaste raccolte al mondo di stampe Shunga, collezionate dal mecenate Agostino Vallorani. «Il mondo fluttuante di amore e passione dell’arte Shunga parlò e continua a parlare all’Occidente, in una relazione mai spezzata di fascino e attrazione reciproca, tra tradizione e modernità. – afferma l’assessore al turismo Lorenzo Rossi – Grottammare, terra di Sisto V, primo capo di Stato italiano che accolse appena eletto nel 1585 la prima ambasceria giapponese in Europa, e città dell’accoglienza e dell’apertura – dal turismo cuore della nostra economia alla solidarietà con i popoli del mondo – non può che essere orgogliosa di come l’associazione Vidacilius lavori sempre per fomentare curiosità sul diverso e sull’ignoto e per proiettare la dimensione locale fuori dai confini più angusti».

Perché una mostra Shunga nel cuore del Piceno, a Grottammare? E soprattutto cosa sono le Shunga? Gli shunga sono la raffigurazione del piacere, della passione, del desiderio, ma mettono anche in luce elementi storici e sociali, oltre che artistici. La cerimonia del tè trova cosi la sua espressione più disinvolta e meno pragmatica proprio quando avviene tra due amanti che usano gli accessori più pregiati a loro disposizione, come porcellane e lacche. Del resto anche i samurai, che nel periodo Edo perdono di giorno in giorno i loro privilegi, vengono ritratti nelle stampe proposte con le loro spade, anche se spesso gli abiti dismessi indicano i loro problemi.

Il carattere uki, che significava “fluttuante”, ossia un mondo in cui “niente è per sempre”, pur continuando a mantenere il significato di instabilità che aveva ereditato dal buddhi­smo, era passato ad indicare un mondo in cui si apprezzavano l’allegria, la futilità, l’effi­mero. Tutto questo era accaduto nel momento in cui la capitale del Giappone, Edo, era diventata la città più grande del mondo, con un milione di abitanti, mentre la sua classe borghese (chénin) rifletteva nuove aspirazioni e nuovi gusti.

Le stampe ukiyo-e a questo punto valorizzano proprio tutto quello che fino ad allora la società aveva deprecato: spettacoli, donne di piacere, feste, mondanità, amori. La vita che si svolgeva nelle grandi città del paese aveva modificato usi e abitudini di tutta la popo­lazione, compresi quelli della classe guerriera, i samurai. L’insieme degli obblighi e dei doveri che avevano condizionato la vita dei cittadini fino ad ora, viene sconvolto a favore di principi che esaltavano i piaceri e mettevano in crisi le tradizioni più antiche.

Nasceva con i romanzi di Saikaku un nuovo modo di amare, adottato dalla società urbana fatta da mercanti, artigiani, borghesi esclusi dalla politica dello shogunato, nonostante la loro ricchezza. Proprio per questo le stampe ukiyo-e ritraggono scene e personaggi della vita cittadina con i teatri e gli attori, con i quartieri del piacere e le cortigiane, con i lavo­ratori che si muovevano nella strade. Un mondo “fluttuante” caratterizzato dall’effimero, dal transitorio, dalle sensazioni, dai cambiamenti repentini e imprevisti. In Occidente una filosofia di vita simile si può forse riscontrare nel “carpe diem” di Orazio (65-8 a.C.), che esortava l’uomo a vivere il presente e a non pensare a quello che poteva riservare il futuro, o nei versi di Lorenzo de’ Medici (1449-1492) che invitavano a godere della fuggevole giovinezza e dei piaceri effimeri della vita.

Il concetto che “tutto passa” e che quindi la realtà è soggetta a continui cambiamenti in cui si alternano vicende negative e positive, oltre alla constatazione della ineluttabilità della morte, ha spinto uomini appartenenti a culture diverse a considerare fuggevole e instabile ogni accadimento, per cui si cerca la felicità nei piaceri che la vita propone quotidiana­mente. In questo modo vengono così drasticamente ridotte le speranze e le illusioni, che si basano sempre su un futuro migliore.

La produzione ukiyo-e è stata una manifestazione artistica ed estetica che ha mantenuto la sua vitalità per oltre due secoli e tutto questo è dovuto certamente alla capacità di as­similare elementi diversi per integrarli nella sua tematica di base, con uno spirito sempre nuovo e attento. Per questi motivi quindi, le immagini proposte nelle stampe sono sempre state concrete, oltre che cariche di emozioni e umanità. Proprio per questo in un mondo che vede il sentimento dell’eros come un piacere alienante, fine a se stesso, mero veicolo del proprio ego narcisistico, che si inserisce la proposta culturale di una mostra che vada proprio a riscoprire lontani nel tempo e lontani nello spazio gli amori e le passioni che hanno influenzato la Società giapponese nel periodo Edo.

La mostra, “Shunga. Amore e Passione nell’Arte Fluttuante”, curata dall’antropologo Giacomo Recchioni, verrà inaugurata dal 7 al 31 agosto presso il Museo Vidacilius di Grottammare dove verrà esposta una delle più vaste raccolte al mondo di stampe Shunga, collezionate dal mecenate Agostino Vallorani.

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