di ELIANA NARCISI (ELIANA ENNE) –
Quello che è accaduto a Napoli non ha niente a che vedere con le (legittime) proteste di commercianti e lavoratori preoccupati per la crisi economica conseguente alle sia pur necessarie restrizioni anti-covid. Pietre lanciate contro gli agenti di Polizia, cassonetti rovesciati e dati alle fiamme, vetrine rotte, passanti terrorizzati e giornalisti picchiati. Una guerriglia urbana organizzata per dichiarare guerra alle istituzioni strumentalizzando il malcontento di questi giorni. Ultras del calcio, esponenti dell’estrema destra (Forza Nuova per bocca del suo leader Roberto Fiore annuncia azioni analoghe a Roma), ma pure uomini dei clan camorristici del Pallonetto e dei Quartieri Spagnoli. Perché la camorra gestisce lo spaccio di droga e chiudere i locali o stabilire un coprifuoco vuol dire fare meno affari. Perché dove lo Stato è in difficoltà e le istituzioni hanno lacune, il crimine organizzato ne approfitta per offrire un’alternativa illecita alla gente disperata paventandola come l’unica possibile. Non sono “no lockdown”, sono criminali.
Nessuno di noi vuole la chiusura, ma è necessario guardare in faccia alla realtà. I numeri ci dicono che il Covid circola ovunque. Non è più qualcosa di circoscritto alla sola Lombardia, come a marzo. Contagia quotidianamente migliaia di persone, spesso asintomatiche ma comunque in grado di diffondere il virus. Immaginiamo quanti contatti ognuno di noi ha nell’arco di 72 ore, tra amici, famiglia, condominio, posto di lavoro, mezzi pubblici, negozi, locali. Come si fa a tracciare tutti e costringerli a restare isolati dieci giorni? Come si fa a fare il tampone a tutti se ogni giorno ci sono ventimila contagi? Non esiste un sistema in grado di farlo. Sono stati assunti medici, acquistati respiratori, aumentati i posti in terapia intensiva, eppure il Sistema Sanitario Nazionale rischia il collasso già nella metà delle regioni. I pazienti covid ricoverati in una settimana sono raddoppiati. I numeri stanno crescendo in maniera esponenziale e rapida e l’inverno deve ancora arrivare.
Questo è un Paese dalla memoria corta. Gli operatori sanitari sono passati da angeli a terroristi, da eroi ad assassini nell’arco di pochi mesi. Quest’estate abbiamo assistito a un “liberi tutti” pressoché indiscriminato da nord a sud. Nei locali, per le strade, in spiaggia, sui mezzi pubblici, quasi nessuno rispettava le regole sul distanziamento. Mascherine usate come bracciale, sciarpa, mono-orecchino, io stessa sono stata mandata a quel paese in più di un’occasione per aver chiesto di tenere su la mascherina a chi era in fila alla cassa accanto a me. È cresciuto il numero dei negazionisti, alimentato da politicanti senza scrupoli e, purtroppo, da un paio di pseudo scienziati a cui le luci della televisione hanno evidentemente offuscato la vista. Nessuno ricordava che c’è una pandemia e ora si sta li ad aspettare che passi magicamente. E invece è necessario che ognuno di noi faccia la sua parte. Meglio qualche sacrificio adesso, per qualche tempo, piuttosto che doverne fare di più grandi domani. Questa è la seconda ondata e nessuno esclude che possa essercene una terza. Dobbiamo imparare a convivere con questo fottuto virus e cambiare le nostre abitudini. Il covid ha segnato uno spartiacque, un prima e un dopo, ci viene chiesto di adottare comportamenti che ci permettano di costruire un dopo diverso dal prima ma ugualmente vivibile.
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