Senatrice Segre, siamo con lei. Non pieghiamoci al risentimento

di ALCEO LUCIDI

RUBRICA “DRITTO E ROVESCIO”

Lo scorso 19 gennaio 2018 la senatrice Liliana Segre, già attivista politica milanese, ha ricevuto la nomina a senatrice dalla mani del Presidente della Repubblica. Sopravvissuta al campo di Auschwitzt-Birkenau, in quel dannato luogo di morte, così spesso evocato, perse il padre – dal quale venne brutalmente separata – e quasi tutta la sua famiglia. La senatrice oggi settantanovenne, porta ancora le “stigmate” di quei drammatici, infiniti giorni, dove la rabbia dei carnefici sconfinava in una violenza sistematica, applicata con freddezza scientifica e – come disse Primo Levi – nel vuoto di dolore, perdizione, disperazione delle vittime, a loro volta, come nei casi dei Kapò, in questo mostruoso corto circuito distruttivo, trasformate in aguzzini.

La senatrice negli scorsi giorni si è fatta promotrice di una commissione parlamentare sull’odio razziale. Purtroppo siamo tenuti ad usare questa parola anche se le razze – secondo il genetista Guido Barbujani – sono un’invenzione umana senza fondamento scientifico, dettata dalla pura propaganda politica. Siamo tutti africani – così il genetista in un suo recente libro – discendenti dai Sapiens, scimmie antropomorfe che si stanziarono sugli altipiani etiopici circa 50 milioni di anni fa e che, a ondata successive, si diffusero nel mondo.

Gli stereotipi e i pregiudizi – quando non ci mettiamo nella condizione di capire l’altro capendo noi stessi – permeano ancora la nostra società di cui la politica è l’espressione. Ecco allora una parte del Parlamento – insomma tutte le forze di centro-destra – votare contro quella mozione che almeno avrebbe permesso di accendere i fari su episodi di discriminazione e violenza tanto fisica quanto verbale (nell’arena ormai incontrollata dei social-media).

Capisco, ma non giustifico, le reazione di alcuni esponenti di una parte politica. Sicuramente la visita dell’on. Salvini con il figlio va inteso come un gesto di intesa e – chissà – la senatrice Segre avrà dispensato anche un abbraccio al sovranista di casa nostra e una carezza al giovane. Capisco, ma non giustifico, che l’on. Meloni si senta defraudata della sua parte di offesi – le foibe, tutti gli istriani italiani massacrati dalle milizie titine. E in effetti i morti sono morti, non hanno appartenenze partitiche; su essi deve scendere il silenzio, la misericordia, il ricordo di tutti indistintamente. Però, vede, on. Meloni quella commissione aveva lo scopo, anche se la mozione non lo diceva apertamente, non solo di condannare ogni forma di odio, ma di temere monitorate derive crescenti di intolleranza nella pancia, svuotata dalla crisi economica, di un paese debole. Nulla insomma andrebbe lasciato al caso, neanche i più piccoli episodi discriminatori.

Ricorda la Segre che l’ondata antisemita – e menzioniamo qui pure la campagna di isolamento e persecuzione contro i minorati, i dissenti, gli zingari, gli emarginati, insomma i facili bersagli dell’ideologia – iniziò proprio con le parole a sproposito, gli insulti, le esclusioni (la senatrice riceve dai 200 ai 300 insulti su Facebook non al mese ma al giorno). Un’occasione mancata che non ci esonera dalle nostre responsabilità e non allontana il problema della discriminazione, anzi, lo acutizza perché rischia di spaccare il paese, di intorbidire le acque della verità, di inasprire il risentimento.

Che la politica, sulle grandi questioni, abbandoni gli interessi particolari, le esigenze elettorali – che pure vi sono, ma debbono essere il risultato di un’azione, onorevoli Zingaretti, Renzi & company – e torni a ristabilire un grande patto con gli italiani riscostruendo i programmi, le agende, le priorità decisionali a contatto con la gente. Per ora Politica-Cultura delle intese e del dialogo: 1-0.


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