Vittime del Covid, qualche volta sopravvivere è solo questione di fortuna

di ELIANA NARCISI (ELIANA ENNE) –

Il 18 marzo è una data che non potremo mai dimenticare. Le immagini del convoglio militare che partiva da Bergamo con le bare dei defunti da portare fuori regione, perché il cimitero cittadino era al collasso, hanno descritto meglio di qualsiasi inchiesta giornalistica o conferenza medico-scientifica quello che stava accadendo. Quello stesso 18 marzo 2020 è il giorno in cui si è registrato in Italia il numero più alto di vittime del Covid, quasi tremila.

Pensavamo di essere invincibili, ci siamo scoperti improvvisamente deboli. Qualcosa di infinitamente piccolo e, al contempo, spaventosamente aggressivo ha provocato in un anno nel nostro Paese oltre centomila vittime, distruggendo altrettante famiglie e lasciando il più delle volte segni indelebili in quelli che sono riusciti a guarire. L’economia è in ginocchio, le scuole chiudono, le limitazioni pesano, siamo talmente stanchi che neppure protestiamo più di fronte alle ulteriori restrizioni del nuovo Governo. Questo vigliacco di un virus ci ha colpiti tutti, in un modo o nell’altro, nel fisico, nell’animo, nei pensieri.

Lo so che, a un anno di distanza, ci sono più terapie, ci sono i vaccini, si parla dell’arrivo dei fondi europei, si intravede una luce in fondo al tunnel che ci porta a dire “ce la faremo”, ma per oggi credo che dovremmo tutti fermarci un attimo, stoppare le polemiche, dedicare ogni pensiero a chi purtroppo non ce l’ha fatta. Smettiamo di lamentarci, riteniamoci fortunati. Non è vero che chi sopravvive è sempre il più forte o il più aperto al cambiamento, qualche volta sopravvivere è solo questione di Fortuna.

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