Giulio Giorello e Urbino, il ricordo dei colleghi: «Ci mancherà la sua ironia graffiante»

di REDAZIONE –

URBINO – Il filosofo Giulio Giorello, scomparso la settimana scorsa, aveva un antico rapporto con l’Università di Urbino e con i suoi docenti. Ecco il ricordo di tre di loro: Mario Alai, Vincenzo Fano e Gino Tarozzi –

«Lunedì 15 giugno è morto a Milano Giulio Giorello. Tre giorni prima aveva sposato la compagna Roberta Pelachin. Allievo di Ludovico Geymonat, che a Milano aveva tenuto la prima cattedra italiana di Filosofia della scienza, Giorello gli è succeduto su quella medesima cattedra, dopo esser stato anche professore ordinario di Storia e fondamenti della matematica. Come Geymonat aveva diffuso in Italia la filosofia del neopositivismo, così Giorello ha valorizzato e fatto conoscere quella post-positivistica e post-popperiana di Lakatos, Kuhn e Feyerabend. Nei suoi scritti ha sempre propugnato una visione della scienza attenta ai suoi sviluppi storici, e dunque concreta, pluralistica ed antidogmatica. Ma una fondamentale esigenza di libertà e atteggiamento critico per lui si estendeva dal sapere scientifico anche alla filosofia, al pensiero civile, politico e religioso. Personalità di vastissime letture e grande efficacia comunicativa, propugnatore di imprese culturali ed editoriali, era dunque diventato uno degli epistemologi italiani più in vista, anche a livello mediatico, collaborando a riviste, giornali e trasmissioni televisive. In tal modo aveva contribuito all’avanzamento e alla diffusione della filosofia della scienza anche oltre i suoi ristretti confini accademici.

Nell’anno accademico 2003-2004 avevamo attivato due nuovi corsi di filosofia e storia della scienza per la Laurea triennale in Filosofia. Per dare un po’ di lustro al nostro Corso di studi chiedemmo all’amico Giulio e al suo brillante allievo Corrado Sinigaglia di tenere queste lezioni. Ora Corrado insegna a Milano sulla medesima cattedra che era stata di Giorello e prima ancora di Geymonat. Furono settimane coinvolgenti e spassose: oltre alle lezioni vere e proprie, presentazioni dei libri della collana Scienza e idee di Raffaello Cortina, che lui dirigeva, giornate di studio su Feyerabend e l’anarchismo metodologico, e talvolta qualche bicchiere di whisky, rigorosamente irlandese, fra due battute dissacranti di Giulio.

Giorello dormiva ai Collegi, come uno di noi, tanto che una volta, venendo in centro a piedi, con le sue scarpe da cittadino, scivolò disastrosamente sul mitico ghiaccio dei vicoli urbinati. Senza farsi nulla, per fortuna. Eppure, si diceva che a Milano prendesse il taxi per attraversare la strada: potenza di coinvolgimento dell’atmosfera urbinate … Con noi Giulio è sempre stato affettuoso, difendendoci più volte là dove si puote ciò che si vuole. Aveva stima del nostro lavoro e amava Urbino, dove quel dialogo fra scienze naturali e storia, che lui tanto promuoveva, aveva avuto una delle sue più alte espressioni nella Scuola di Federico Commandino, matematico e filologo allo stesso tempo. Infatti, nell’umanesimo matematico urbinate affondava alcune radici anche la formazione di uno degli autori prediletti da Giorello, quel Galileo Galilei che era stato discepolo ed amico di Guidobaldo Dal Monte. Giulio apprezzava molto anche gli approcci alternativi ai fondamenti delle teorie fisiche, in particolare le interpretazioni non ortodosse della meccanica quantistica, su cui noi lavoriamo.

Giorello ha difeso il nostro Ateneo al tempo della sua grave crisi finanziaria, sottoscrivendo con la sua autorevole firma la richiesta al Ministero di intervenire, tanto che l’allora Rettore Giovanni Bogliolo lo ringraziò personalmente. Cinque anni fa aveva partecipato alla presentazione del nostro Festschrift per i 60 anni di Gino Tarozzi. Anche ad aprile scorso, mentre era ancora in ospedale, si era impegnato a sostenere la pubblicazione di un volume in preparazione da parte nostra. La sua scomparsa prematura comporta una perdita incolmabile non solo per noi ma per l’intero nostro campo di studi e la cultura italiana. Ci mancherà la sua ironia graffiante, la sua cultura sterminata, la sua memoria prodigiosa, la sua voglia di capire e soprattutto il suo desiderio di libertà, che anche qui da noi ha potuto esprimersi».

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