Carnevale? A scuola no, c’è carenza di personale ausiliario

di GIUDITTA CASTELLI –

Un’eccezione che rompe la regola: le docenti dell’Infanzia Miscia mascherate  e le collaboratrici scolastiche si armano di ramazza. Un riconoscimento dovuto a tutte le  docenti dell’infanzia che possono definirsi le artiste della scuola italiana.

A scuola non ci si maschera più, non si può, non ci sono collaboratori scolastici per riordinare le aule. Questa è la vera ragione. Niente quindi contro la tradizione, niente a favore delle minoranze religiose, ma frutto di un disservizio che da anni sta investendo la scuola italiana: la carenza di personale ausiliario.

Qualche eccezione c’è a contrastare la regola. Ecco le eroine, le docenti della Scuola dell’Infanzia Miscia di San Benedetto del Tronto: Lorella Massi, Silvana Sansoni, Francesca Cruciani, Daniela Veccia, Dora Bellabarba, Anna Merlini, Simona Ricci, Gigliola Massetti, Eleonora Buondi, Benedetta Listrani, Ilenia Fabiani, Cristiana Consorti, Cristina Tania Fanini, e le collaboratrici  Lidia Aprati e Antonietta Alessandrini. Quest’ultime non si sono ammutinate. La festa si fa, tutt’al più a ramazzare aiuteranno anche le docenti. Del resto dov’è la novità?

Oggi, giorno di Carnevale 2018, mi sovviene con nostalgica malinconia la storia del vestito di Arlecchino che la mia maestra Itala Piersimoni di Ripatransone leggeva con quell’enfasi che ci struggeva il cuore. Sono sicura che in ogni classe, in ogni scuola italiana dell’antica tradizione, ancora risuonano il vocione del dottor Balanzone bolognese e i salamelecchi di  Pulcinella della bella Napoli.  Facevano da contorno le contadinelle: tutte con il foulard in testa e la parannanza bianca. Il  giorno di Carnevale a scuola era una grande festa. Una festa tutta italiana. Senza zombie, streghe e diavoli. Perchè Halloween,  d’importazione anglosassone che tanto piace a molti docenti e genitori, allora non si conosceva neppure. Allora si parlava a scuola di maschere regionali e della commedia dell’arte.  Così  mentre in Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Provincia di Bolzano, Valle D’Aosta e Veneto oggi si è fatta vacanza, nella maggioranza delle altre regioni italiane  si sono tenute regolarmente le lezioni (esercitazioni di prove Invalsi e verifiche comprese).

I docenti  hanno  pacificamente abdicato l’onere della festa ai  genitori, ai Comuni o alle associazioni del territorio. Una delle ragioni portate avanti è che la festa a scuola creerebbe disparità fra ricchi e poveri. E ciò sarebbe vero se a monte non ci fosse la possibilità di attivare a scuola un laboratorio per far costruire i costumi direttamente dai bambini con il riciclo di materiali adatti per il riuso. Ma chi avrebbe voglia di farlo con i tempi che corrono? I rapporti con le famiglie si sono incrinati a tal punto che i docenti non ritengono più di dover investire oltre il necessario.

Se dietro al Carnevale ci fossero motivi di ordine religioso che legano la festività ai riti pagani, nulla da eccepire, ma questo riguarderebbe la minoranza degli alunni che se ben educati conoscono le ragioni e possono venire impegnati in attività alternative. Ma il vero problema sembra sfuggire a tutti. Non sono i docenti a non volere organizzare la festa carnascialesca, ma i collaboratori scolastici. Sono talmente in numero ridotto e impiegato in orario limitato (fra invalidi di ruolo, personale impiegato in lavori socialmente utile e supplenti) che non riuscirebbero a gestire lo sconbussolamento della festa.