Nomofobia e dintorni. Caro smartphone, la sera ti tradisco con i libri

di ROSITA SPINOZZI –

La nuova “droga” del secolo è il cellulare. Le patologie che comporta sono il timore ossessivo di restare senza oppure di non essere raggiungibili, la necessità impellente di inviare sms o chattare tramite whatsapp, stati d’ansia direttamente proporzionali alla carica della batteria, attacco di panico in caso il cellulare dovesse spegnersi improvvisamente, smania di acquistare gli ultimi modelli. Chiamatela pure come volete, ma il termine esatto di questo “attacco compulsivo” è nomofobia, traducibile in paura di restare senza telefonino, la quale causa interferenze nel circuito cerebrale della ricompensa. I più colpiti sono giovani con problemi di autostima e relazioni sociali, pronti a cadere in uno stato d’ansia  soprattutto per la batteria del cellulare scarica, per l’esaurimento del credito telefonico o per la mancanza di rete. È incredibile quanto oggi lo smartphone possa condizionare la vita di una persona. Inutile girarci intorno: nessuno di noi ne esce immune perché, anche se non cadiamo nella vera patologia, ne siamo comunque colpiti di riflesso. Per abitudine, per diletto o per lavoro che sia, non riusciamo a concepire una vita senza cellulare. Complici anche i social, per alcuni non è possibile fare un solo passo senza l’amato telefonino. Basti pensare che il 51% dei giovani lo controlla in media 75 volte al giorno. L’ossessione per lo smartphone, infatti, colpisce molte persone in tutto il mondo, tra cui parecchi italiani. È quanto emerge da un studio della Scuola di Psicoterapia Erich Fromm, attraverso la revisione e l’analisi di oltre cento testate di settore e un panel di 150 esperti. I soggetti più a rischio sono compresi in una fascia d’età tra i 18 e i 25 anni, giovani con bassa autostima e problemi nelle relazioni sociali, quindi bisognosi di essere costantemente connessi e in contatto con gli altri attraverso il cellulare. I più ansiosi sono gli uomini: circa il 58% di loro e il 48% delle donne soffrono di questa nuova sindrome, i cui sintomi sono molto simili a quelli dell’ansia. Eppure, uno studio condotto da ricercatori dell’Università Federale di Rio de Janeiro, dimostra che la nomofobia va considerata una dipendenza patologica piuttosto che un disturbo d’ansia. Infatti include sintomi come la paura smisurata di rimanere fuori dal contatto di rete mobile che, a sua volta, implica effetti fisici collaterali simili all’attacco di panico con relativi tremori, sudorazione, vertigini, battito cardiaco accelerato. Un vero e proprio incubo, insomma. E che dire degli “esibizionisti” del cellulare? Persone insicure che non resistono all’impulso di acquistare l’ultimo modello per poi sfoggiarlo in occasioni prettamente quotidiane (autobus, coda al supermercato, luoghi pubblici, e via dicendo) per godere di un attimo di “luce riflessa”, in altre parole, dello sguardo ammirato delle persone vicine. Ecco, questi non li capisco proprio. Sarà che mi affeziono agli oggetti, sarà che il mio smartphone funziona così bene che di sostituirlo non ci penso proprio, ma su di me non sortisce alcun effetto il tipo che sbandiera il cellulare ultimo modello come baluardo di personalità e potere, estraendolo dalla tasca come se avesse in mano Excalibur, la mitica spada di re Artù. Scherzi a parte, la questione in generale è seria. Il cellulare lo usiamo tutti e tutti tendiamo a farne un abuso, inutile negarlo. É un mezzo di comunicazione molto utile anche da un punto di vista psicologico perchè, se usato in modo appropriato, regola la distanza nella comunicazione e nelle relazioni, gestisce la solitudine e l’isolamento. Poi arriva l’ente di ricerca britannico YouGov, e ci dice che più di sei ragazzi su dieci tra i 18 e i 29 anni vanno a letto in compagnia del telefono, e oltre la metà degli utenti di telefonia mobile (53%). Ebbene, è tempo di fare outing. Uso il cellulare, nel corso della giornata ci butto spesso l’occhio, se non ho carica piena un pochettino d’ansia mi viene pure. Ma a letto, no. Non vado con il cellulare. Mi porto dietro un libro. Non mi addormento se prima non leggo un po’. Caro smartphone, mi dispiace, la sera ti tradisco con i libri.