Intervista con Francesco Tranquilli:«La morte ha sempre l’ultima parola. E senza dover discutere»

(foto di Arianna Cameli)

di ROSITA SPINOZZI –

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Le vite degli altri, e i loro pensieri, sono sempre un mistero. Francesco Tranquilli lo è ancora di più, per via di quella sua straordinaria capacità di spaziare in diverse discipline artistiche portando a casa sempre ottimi risultati. Solitamente non mi convincono quelle persone che, al momento di essere “definite”, ti snocciolano una serie imbarazzante di termini che indicano differenti abilità. Francesco non lo fa, anzi. Dice “fai tu”, perché ci conosciamo bene. Ma nel suo caso sarebbe ammissibile qualificarsi in più modi, perchè io stessa avrei difficoltà ad inquadrarlo in una singola mansione. Professore, attore, regista, scrittore… non bastano più, visto che adesso si è messo pure a cantare e comporre musica. Mi vanto di avere sempre anteprime telefoniche. Ecco, scomodando Pirandello, mi viene da dire che Francesco è “uno e centomila”, saltando volutamente – e giustamente – l’opzione “nessuno”. Il motivo lo scoprirete leggendo questa intervista, se poi volete saperne ancora di più vi consiglio di correre sabato 14 gennaio alle ore 18 all’Auditorium comunale “G.Tebaldini”, dove ci sarà un incontro con l’autore in cui verrà presentato il suo libro “La morte sa tutto” (Ed. BookTribu). A conversare con Tranquilli sarà l’assessore alla cultura Lina Lazzari, con la partecipazione dell’attrice Valentina Pacetti. Alla presentazione, infatti, seguirà una breve performance teatrale. “La morte sa tutto”, menzione speciale Premio Noir nell’ambito del 7° Concorso letterario nazionale di BookTribu, è una serie di dieci racconti, un romanzo che indaga un po’ sulla parte oscura di ognuno di noi. Parla di morte, sì, ma non quella “tradizionale”. Parla della morte che scaturisce dall’animo umano di persone ferite, disposte a pagare per far uccidere qualcun altro. Una sorta di “regolamento” di conti i cui dettagli si consumano all’aperto, in un luogo comune come la panchina di un parco pubblico in cui, intorno, la vita scorre ignara e all’apparenza serena. Ho già detto troppo. Aggiungo, e consiglio, di leggere subito il libro. Vi piacerà. Nel frattempo, conosciamo meglio Francesco Tranquilli.

Tre aggettivi per definirti
Inquieto, visionario e appassionato.

Qual è il tuo migliore difetto?
Basta un soffio di vento a buttarmi a terra. Ma non basta un uragano per tenermi giù.

A parte i tuoi, cita un libro che ti ha cambiato la vita
Uno solo? Almeno due: “Perché non sono cristiano” di Bertrand Russell e “Il mito di Sisifo” di Albert Camus: le opere di questi due autori, in momenti diversi, mi hanno cambiato la vita e la visione del mondo. Se parliamo di scrittura, allora Stephen King. Ma non posso citare un libro in particolare.

Il film più bello?
Per me, il film che compendia l’essenza stessa del cinema è “2001: Odissea nello spazio” di Stanley Kubrick. Che fra l’altro è uno dei mie tre registi di culto, insieme con Alfred Hitchcock e Woody Allen (che è come se fosse mio fratello maggiore).

Com’era Francesco bambino?
Obeso, ipertimido e quindi silenzioso. Si perdeva e si andava cercando nella lettura e nella musica.

Una tua fonte di ispirazione?
La vita, l’amore, la donna, la paura, la musica, il silenzio…

Parafrasando il titolo del tuo ultimo libro, la morte sa veramente tutto?
Se non altro, ha sempre l’ultima parola. E senza dover discutere.

Panchine e parchi pubblici, dopo aver letto “La morte sa tutto” con quali occhi li vedremo?
I grandi scrittori del ‘900 (di gialli, di horror, di teatro, di tutto) ci hanno dimostrato come il lato perturbante della realtà si può trovare dovunque. Non solo i parchi pubblici e le panchine, ma qualunque minima porzione di realtà, se osservata abbastanza a lungo, può schiudere l’immaginazione a una storia inquietante.

Quando incide il Caso nella vita di ognuno di noi? E nei tuoi libri?
Questa non è una domanda, è il titolo di un corso monografico di filosofia. Certo, se Dio e Destino sono metafore, il Caso esiste davvero. Sapere che la nostra esistenza è piena di fattori che non possiamo controllare, ma nemmeno prevedere, è per me una fonte di serenità. Ricordarci che non siamo onnipotenti è un bene. Nella scrittura, ovviamente, è diverso: l’autore può tutto, anche se talvolta questo va a scapito suo (se il libro non funziona). Il caso, qui, opera lungo il percorso misterioso che le idee seguono per venire alla luce e attirare la nostra attenzione, fino a trasformarsi in una “storia”.

Raccontaci la “genesi” de “La morte sa tutto”, non sono ammessi spoiler…
Una serie tv tratta dai racconti di Stephen King dell’antologia “A volte ritornano”. C’era un episodio, Campo di battaglia, che raccontava di un sicario che assassinava il titolare di una fabbrica di giocattoli. Le sue creazioni, poi, prendevano vita e lo vendicavano, uccidendo il killer. Io ero lì a guardare e mi chiedevo: ma perché mai uno dovrebbe voler commissionare l’omicidio di un creatore di giocattoli? Che può aver fatto di tanto grave?

I tuoi libri non lasciano “tregua”, si leggono tutto d’un fiato e dopo averli letti se ne ha subito nostalgia. Bravo. Come fai a non sbagliare un “colpo”?
Sarà perché ne scrivo pochi. E quelli che scrivo a volte faticano a trovare casa. D’altra parte, non sono né uno youtuber né Bruno Vespa. Per riuscire a essere pubblicato devo armarmi di ardente pazienza. E, possibilmente, evitare di essere io a pagare l’editore.

Professore, attore, regista, scrittore… che altri assi nella manica ancora nascondi?
Aspetta che controllo le maniche… ah, ma li hai già scoperti tu nella domanda successiva (sì, ho sbirciato nei tuoi appunti…)

Di recente, con lo spettacolo “Sera’e maggio”, abbiamo scoperto che sai anche cantare e pure bene. Adesso componi anche. Che rapporto hai con la musica?
Se parli di studio, ho avuto rapporti irregolari e non accademici ma costanti. Se parliamo d’amore, allora è uno di quelli che non muoiono mai. Se non la ascolto, la penso. Ho una musica in testa praticamente tutto il tempo.

Che rapporto hai con il celebre scrittore Maurizio De Giovanni? Vi unisce una stima reciproca, so che vi scambiate spesso opinioni letterarie. Lo hai inserito nel ruolo di se stesso in un tuo racconto all’interno di “Giallo Piceno – 5 delitti tra le rue” ambientato ad Ascoli Piceno. Adesso “rischiamo” di trovarti in uno dei suoi libri?
Con Maurizio ci siamo conosciuti a Milano nel novembre 2009. Avevo appena vinto il concorso dell’Europeo TiroRapido, e lui era l’ospite d’onore avendolo vinto due anni prima. Poi lui è diventato il giallista di maggior successo e popolarità degli ultimi vent’anni, io no. Un motivo ci sarà. Non credo proprio di correre il “rischio” di diventare un suo personaggio. Però “La morte sa tutto” è preceduto da una sua prefazione, così bella che forse va al di là dei miei meriti. Tuttavia, qui vorrei svelare una cosa che pochi sanno. Anni fa scrissi una Lettera al Commissario Ricciardi e la mandai a Maurizio su Messenger perché gliela inoltrasse. Non solo lo fece, ma Ricciardi mi rispose. Fu molto affettuoso. Disse fra l’altro “se non fossi toccato in sorte a chi oggi mi racconta, mi sarebbe piaciuto essere raccontato da voi”.

La locandina della presentazione del 14 gennaio preannuncia “una breve performance teatrale”. Sappiamo che con te non ci annoia mai. Di che si tratta?
“La morte sa tutto” è una serie di dieci racconti con un setting unico, come si sa. Invece di arricchire la presentazione con la lettura di alcuni passaggi, come si fa di solito, abbiamo preso una bella panchina bianca in ferro battuto e “rappresenteremo” in forma semiscenica uno dei racconti, “Gli incerti del mestiere”. Una sorta di trailer, ma dal vivo e di senso compiuto. Credo non sia stato fatto molto spesso, prima, o forse mai.

Che progetti hai nell’immediato?
Con l’Associazione VisionAria – e limitandoci solo all’attività teatrale – ci sono (oltre alle riprese delle produzioni 2022, Sera ‘e maggio, Il Ritorno dell’Angelo e La verità con le gambe lunghe) il monologo Ardiente paciencia – La mia vita con Pablo Neruda, per il cinquantenario della morte del poeta – in collaborazione con il Club per l’Unesco, il cui debutto è previsto il 21 di marzo, che sarà interpretato da Valentina Pacetti. Poi, in estate, uno spettacolo – in collaborazione con la Gioventù Musicale Livio Petrini – sull’epistolario di Albert Camus e Maria Casares, con musiche originali di Francesca Virgili.

Come ti vedi tra una decina di anni?
Vivo, spero. E col cervello funzionante. Mi basterebbe.

Concludi con un pensiero “graffiante”
Quando ti dicono che sei poliedrico, cioè che hai tanti lati irregolari, vuol dire che non sanno dove metterti. Per questo poi ti scartano.

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