Meccanica quantistica, dalla scienza alla spiritualità

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Nel campo delle scienze fisiche, matematiche e chimiche, c’è un anno che rappresenta un passaggio chiave, come ad aprire una porta su un mondo meno relativo, possibilista verso un divenire scientifico che sembra voler accogliere ciò che prima era impensabile. È il 1904, anno in cui le teorie della meccanica classica, fino ad allora studiate ed applicate al movimento dei corpi in base alle loro caratteristiche, iniziano a guardare gli eventi con altri termini e nuove definizioni. Parliamo di quel fermento che ci fu sostanzialmente nella prima metà del secolo scorso e che portò al traghettamento dalla fisica classica a quella moderna. Un mondo complesso, ipercinetico e costantemente in evoluzione.

Ero un giovane studente di chimica quando, oltre quarant’anni fa, salivo i gradini dell’Istituto “Giacomo Ciamician” di Bologna, con un po’ di trepidazione. E il perché è semplice: ci sono cose difficili da capire nel profondo. Una di queste era “Il principio di indeterminazione di Heisenberg”, principio cardine della meccanica quantistica. Ancor prima, occorre far cenno alla teoria dei “quanti” sviluppata dal fisico Max Planck, premio Nobel. Il cambiamento iniziò proprio dalla immensa ricerca di Planck che fu il primo ad averne quasi timore, ritenendola troppo “moderna” e, se non fosse stato per il riconoscimento di Einstein che l’applicò alle sue rivoluzionarie intuizioni, forse oggi non avremmo la moderna fisica così come viene studiata dagli studenti universitari.

Nella fisica classica le cose erano ben definite, un elettrone era una particella dall’orbita certa, mentre l’energia luminosa un’onda. Tuttavia, questa netta ripartizione non spiegava molti comportamenti che trovarono conforto scientifico in quello che venne definito dualismo onda-particella: c’è una duplice natura nel comportamento della materia. Si arrivò a questo “quantizzando” la trasmissione energetica. Planck si accorse che la radiazione termica – stava seguendo esperimenti su di essa – non veniva distribuita in modo continuo ma viaggiava nello spazio a frazioni, come dire a pacchetti che lui definì “quanti”. In altri termini, l’energia non è solo onda ma anche materia. Ovviamente la teoria dei quanti è molto più articolata e complessa, considerando altre variabili come il tempo.

Non ci inoltreremo su questo campo specifico e poco adatto ad un articolo che non è e non vuol essere scientifico. Ci interessa dire che gli studi di Planck furono utili a Heisenberg per la sua teoria della indeterminazione che rappresentò la definitiva rottura con la fisica classica. Heisenberg disse che è impossibile (non difficile, ma impossibile) misurare nel medesimo istante la posizione di un elettrone e la sua velocità, per cui non si può più parlare di orbita definita dell’elettrone intorno al nucleo dell’atomo. Resta una indeterminazione nel definirne le variabili di posizione ed energia “contemporaneamente”. Da questo assunto deriva la meccanica quantistica, ovvero la teoria fisica che descrive il comportamento della materia, della radiazione e le loro interazioni, cercando di dare spiegazione laddove le precedenti teorie classiche risultano inadeguate.

In questa apparente semplice definizione si celano decenni di ricerca, studio, osservazioni scientifiche che continuano ad essere in movimento, ben sapendo che stiamo parlando di teorie che cercano di dare spiegazione ai fenomeni fisici, ovvero osservabili in natura. Siamo ancora lontani dall’avere una teoria che possa dirci qualcosa sul sovrannaturale. Eppure è diventata diffusa la tendenza di avvalersi di terminologie come “quantico” e “fisica quantistica” associandole ad argomenti più spirituali ed esoterici. Cerchiamo di capire il perché. Nel 1982 uscì in Italia un libro originale di Fritjof Capra, “Il Tao della fisica”, nel quale metteva in relazione la moderna fisica a quella che potremmo definire saggezza orientale. Il libro ebbe un grande successo e rappresenta tuttora una pietra miliare sull’argomento. Più recentemente si è espresso anche il Dalai Lama in una conferenza nel 2015, a Nuova Delhi, sostenendo una tesi di indubbio fascino all’interno di un convegno sulla meccanica quantistica, con la presenza di fisici e scienziati di altri settori.

Il Dalai Lama, partendo dal presupposto che anche l’essere umano è energia e che  ha in sé strutture atomiche che rispondono alle leggi della fisica, affermò che la nostra energia invisibile, vibrando, entra in connessione con tutto ciò che esiste e, ed è forse l’aspetto più interessante, i nostri atomi non sono diversi da quelli che si formarono all’origine dell’universo e che, in un certo senso, siamo polvere di stelle. È una visione altamente poetica, nel rispetto di un’etica esistenzialista. Secondo molti, anche il pensiero è energia. Le sue vibrazioni entrano in risonanza con medesime frequenze creando una realtà che è il risultato di quel pensiero e ciò che si cela in esso.  Equivale a dire che la mente è creatrice.

Nel 1998, presso il Weizmann Institute di Israele, venne realizzato un esperimento sulle particelle dimostrando che il loro comportamento era influenzato dall’osservatore e che quindi la realtà è la risultanza fra osservatore ed osservato. Indubbiamente sono argomenti avvincenti e che meritano approfondimenti condotti con rigore scientifico. Ritengo tuttavia che sia presto per supporre che tutto può essere spiegato con la meccanica quantistica. Mi piace pensare che un percorso di vita che sa consapevolizzare le esperienze, innalzando il livello della coscienza, ad esempio, è su un piano diverso. Così come lo è quella sottile e interiore trasformazione che avviene in noi coltivando la meditazione e la contemplazione. Non tutto possiamo spiegare, meglio lasciare l’incanto di una sottile percezione, meglio lasciarsi andare al piacere di essere avvolti dal mistero. Con armonia.

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