Il “Verde Abbraccio” di Americo Marconi: storie di piante, storie di vita

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

In un giorno che sembra simile ad altri, ma impercettibilmente diverso, un uomo si inoltra nel folto del bosco, tra grandi querce e castagni, gelsi maestosi e pioppi. E poi lauri, platani, faggi e ginepri. E ancora molte altre specie arboree e arbustive, nell’incanto di fusti e chiome sapientemente armonizzati, nell’apparente casualità della crescita. L’uomo guarda la luce nel gioco di rami e fronde e in quei fasci luminosi vi riconosce albe antiche, quelle che contengono gli echi di suoni e voci di altri tempi, di uomini che raccontano ciò che è stato: qualcosa che ha in sé il seme di ciò che verrà. Gli uomini raccontano, parlano di epoche e gesta che sanno di leggenda, sogni e fatiche, trionfi e miti, amicizie ed avventure, anche in terre straniere. Ovunque vadano, gli uomini ritrovano la compagnia di alberi autoctoni che sanno ascoltare. E sanno parlare nei silenzi del cuore umano.

Sanno entrare nella profondità delle emozioni e della sensibilità. Sanno vivere nei pensieri, regalando loro una forza ed una intensità inaspettati. L’uomo che è entrato nel bosco infine si siede, appoggiandosi al tronco di una secolare sequoia. Resta in silenzio, quel tipo di silenzio che sa recepire ogni sottile vibrazione, ogni particolare presenza, ed ha infine la consapevolezza di una conoscenza più alta, che il Tutto vive nell’Uno e che lui ne fa indissolubilmente parte. In qualche modo, quella percezione gli fa afferrare il senso dell’Infinito, di un filo conduttore che unisce tempo e spazio, luoghi e culture. Quel filo è nella sintonia, ampia e veritiera, con la Natura.

Il lettore di “Verde Abbraccio. Storie di piante” di Americo Marconi, vive un’atmosfera simile. Americo, saggista e studioso di miti e leggende, filosofia e tradizioni popolari, è stimato, da chi ben lo conosce, anche come appassionato conoscitore di alberi e montagne. Sa, chi lo conosce, come egli abbia un rispetto profondo sia per le vette, la cui storia si intreccia con quella degli uomini che ne scoprono la sacralità, sia per la ricchezza botanica del pianeta che da un lato garantisce la vivibilità, dandogli sostegno, dall’altro è il contesto per eccellenza e l’interfaccia delle azioni umane e di molte espressioni artistiche ed espressive.

Il libro è un testo snello che attraverso la scelta di 40 piante, dall’abete alla vite, racconta, oltre ad una accurata descrizione delle stesse e delle loro proprietà, storie, miti, leggende, simbologie e tradizioni ad esse associate. E soprattutto storie personali, aneddoti appassionanti, ricordi. Un caleidoscopio ideale di storia e sentimento, cultura botanica ed arte, letteratura antica e mitologica. Il tutto arricchito dalla raffigurazione di antiche stampe ed incisioni. Il lettore non si limita a leggere. Compie un viaggio nel tempo, tra popoli e antropologie e si stupisce di quanta ricchezza culturale c’è intorno alle singole piante considerate. E si ritrova nei racconti personali dell’autore perché, pur da esterno, riconosce ambienti, persone, situazioni che in qualche modo conosce, è parte di un clima che sa di familiare, intimo e al contempo comune.

La lettura coinvolge per l’effetto sorpresa di argomentazioni inaspettate quanto puntuali e pertinenti. L’ultima pagina contiene un’immagine di albero costruita con le parole. Qualcosa che è oltre la poesia, è una preghiera laica che l’autore rivolge al lettore. Ne estrapoliamo, in chiusura, una parte: “…abbraccia con affetto un albero a te caro. Lui sa da dove vieni, ricorda le tue storie. E tutti i nomi conosce. Anche quelli che non riesci più a nominare”.

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