Pablo Picasso, arte e aforismi di un genio a 140 anni dalla nascita

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Si racconta che un signore, che non amava le innovazioni rivoluzionarie di Pablo Picasso, lo affrontò dicendogli che secondo lui l’arte proposta dal pittore spagnolo era decisamente poco realistica. Picasso – e non esitiamo ad immaginarlo tranquillo nella risposta – si limitò a chiedergli un esempio di arte realistica. Già certo di averla vinta, l’uomo gli mostrò una fotografia che ritraeva la propria moglie in posa. Picasso, senza scomporsi, dopo aver osservato l’immagine, gli rispose: «Pertanto sua moglie è alta cinque centimetri, ha solo due dimensioni, non ha braccia e neanche gambe e per colore ha sfumature di grigio».
Risposta geniale, risposta “picassiana”. Sì, Pablo Picasso era capace di aforismi fulminanti e spiazzanti, come quando affermò:«Ho impiegato quattro anni per dipingere come Raffaello ma una vita intera per dipingere come un bambino». Quello del bambino da ritrovare è stato un filone ricorrente, un traino nella sua continua ricerca espressiva.

Credo che non possiamo comprendere il cubismo e la sua travolgente forza di rottura con il passato ed efficace trampolino verso l’arte contemporanea se non consideriamo il punto di partenza. Pablo nasce a Malaga nell’ottobre del 1881, in un periodo storico che vede già molti fermenti importanti in buona parte dell’Europa, Spagna compresa. Nella pittura, il movimento più significativo è sicuramente l’impressionismo, con le sue ampie pennellate giocate tra luci ed ombre, ma anche il divisionismo, premessa al futurismo, il simbolismo, con la sua sospensione tra sogno e realtà, e il realismo che, a dispetto del nome, era piuttosto anticonvenzionale. Il giovane Pablo, dal carattere non proprio facile, che mal sopporta gli schemi fissi e quello che oggi chiameremmo “comfort zone”, cresce, artisticamente parlando, in quel clima di rinnovamento, di segnali significativi, esplorazioni espressive, voglia di novità senza mezze misure.

Oggi, tutti ricordiamo Picasso come fondatore e massimo rappresentante, insieme a Georges Braque, del cubismo, con opere memorabili come “Les demoiselles d’Avignon” e “Guernica”. Il primo è il dipinto che “apre” il cubismo e mostra cinque prostitute in un bordello di calle Avignon, a Barcellona. Capolavoro di inestimabile valore conservato al MoMa di New York, ma quando fu esposto per la prima volta nel 1916, fu criticato come immorale. Era un contrasto troppo forte, prorompente ed eccessivo, rispetto ad ogni altra forma pittorica. “Guernica” appartiene già alla fase in cui Picasso era artista di fama molto ben apprezzato, tant’è che fu realizzato su richiesta del governo repubblicano, prima della sua caduta, causata dal colpo di stato e dalla guerra civile spagnola che sfociò nel periodo franchista. Guernica ha una innegabile forza di denuncia della violenza di ogni guerra, di ogni distruzione e prevaricazione. Ha un fascino che non lascia mai indifferenti, neanche in coloro che non amano il cubismo. Ha un dolore che è “visibile”, struggente, senza speranza e senza risposte. Il dipinto è ispirato al bombardamento della città di Guernica nel 1937, ma va considerato universale, espressione di tutta la cattiveria di cui è capace l’uomo. Lo si guarda rapiti, lo si ammira incondizionatamente. E lo si ama, riconoscendo all’autore una innegabile capacità di “entrare” nella sfera emotiva.

Ma Pablo non è l’uomo che combatte campagne sociali, o meglio, se lo fa, lo fa solo a modo suo. Egli è colui che afferma: «Ci si mette molto tempo per diventare giovani». Diventare giovane, così come il dipingere come un bambino, è l’impossessarsi della libertà, sviscerarla, conoscerla nel profondo, non adeguarsi a schemi, conformismo, comodità. Ma sarebbe un errore supporre che la sua sia una pittura approssimata. La capacità di segni netti che catturano un’essenza, nasce da estrema preparazione, da un passato dove la didattica e l’esercitazione hanno avuto i loro spazi. Ecco la spiegazione di quella frase: «Ho impiegato quattro anni per dipingere come Raffaello ma una vita intera per dipingere come un bambino».

Il suo curriculum è infinito, tra mostre, storie personali, amanti, burrasche esistenziali. Il suo carattere è di quelli egocentrici, dai tratti dispotici, ma capace di generosità, testardo, a volte capriccioso e assolutamente carismatico. Una delle sue frasi: «Non considerare come sbagliato ciò che non conosci, prendi l’occasione per comprendere». Saggezza, dunque, che molto ci racconta della sua smania di non fermarsi, ma piuttosto di soffermarsi sui dettagli per catturarne l’anima consegnandola ad un segno, il suo, tale che sia il bambino, come l’esperto d’arte, sono in grado di visualizzarlo e riconoscere. Pablo muore a 91 anni, a Mougins, l’8 aprile 1973. La pittura non sarà mai più la stessa. Il cubismo rappresenta un punto di non ritorno.

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