San Francesco d’Assisi e il suo legame con le Marche

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Dobbiamo immaginarlo il giovane Francesco mentre “in letizia” lascia la sua città, Assisi, e s’incammina su per gli Appennini, tra piccoli villaggi e sentieri non sempre comodi, in direzione delle Marche, verso Fabriano. È il 1208 – o forse il 1209 – e lui ha circa 27 anni. Ancora forte, in buona salute e di buona cultura. E pensare che fino a due anni prima era ancora in famiglia, con l’aspettativa di una vita di successo, agiata e brillante. Era abituato ai viaggi, Francesco, con i mezzi dell’epoca, accompagnando il ricco genitore nei suoi spostamenti per affari, sovente in Francia, imparando il provenzale. Era abituato ai luoghi, alle locande, ad incontrare persone con altre abitudini. Ma ora è altra faccenda. Non ci sono carrozze e cavalli, né comodi giacigli o ristori lungo il tragitto. Non ci sono persone ad attendere per ospitare con cordialità. Anzi, alla stanchezza va aggiunta la necessità di vincere le diffidenze. E lui canta, con il giovane Egidio che lo accompagna, canta in francese le canzoni della Provenza. È così che incuriosisce ed attira l’attenzione dei marchigiani nella sua prima missione fuori porta. È così che alterna il cammino e la predicazione. Ed è il primo di una lunga serie di viaggi nell’arco di un decennio.

Viaggi di esplorazione, predicazione, ma anche costruzione. In pochi anni sorgono nuovi conventi, spesso restaurando piccole chiese o abitazioni in disuso, come già San Damiano ad Assisi. Nel 1282 si contano nelle Marche 85 conventi francescani, che ospitano oltre 1500 religiosi che fanno parte dell’ordine dei Frati Minori, seguendo la Regola del Santo d’Assisi. I racconti di quei viaggi non sono sempre dettagliati, ma alcune certezze ci sono.
In terra fabrianese, i due ragazzi si soffermano, in più occasioni, presso l’eremo di S. Maria di Valdisasso a Valleremita. L’antico eremo conosce più fasi storiche. Nel ‘600 è uno dei conventi più importanti, poi ha alterne fortune fino ai dissesti dell’800. Ora è di nuovo visitabile, grazie ad un accurato restauro con i materiali di spoglio. Ed è ancora sotto le cure dell’Ordine dei Frati Minori. Altro luogo visitato – ed amato – è la pieve di Santa Maria di Civita dove conosce Ranieri che diventa suo seguace e confessore La Chiesa, in seguito, lo riterrà Beato. Se qualcuno, oggi, volesse andarvi troverebbe ancora l’antica chiesa paleocristiana che, nel secolo XII, era stato convento femminile.

Francesco ed Egidio, scendendo in direzione di Ancona visitano altri luoghi. Merita un cenno il passaggio per Staffolo e la famosa “Fonte di San Francesco”. I due giovani frati sono stanchi ed assetati. Immaginiamo strade polverose ed assolate. A Staffolo vedono una fonte e si dissetano. Fin qui sarebbe cosa ordinaria. Ma nel tempo qualcosa accade. A partire dal secolo diciottesimo la fonte diventa luogo dei miracoli. L’acqua consente prodigi inspiegabili e un signore del posto, Luigi Lucidi, inizia a raccogliere offerte per costruire una chiesa. Da allora, 1796, l’acqua sgorga protetta nel sacro luogo. Francesco ha un sogno: raggiungere Ancona, imbarcarsi ed andare in Terrasanta per continuare la predicazione in luoghi stranieri. Qualcosa va storto, per via di condizioni meteorologiche avverse e resta in terra ferma. Ci riprova nel 1219 e la missione va a buon fine, pur con traversie non sempre quiete. Nel 1221, tornando in Italia, si sofferma ancora nelle Marche.

Le cronache parlano di Osimo e San Severino. Questo è un passaggio degno di rilievo per la conoscenza di un personaggio che contribuirà alla storia e alla cultura francescana. A San Severino, il nostro Francesco incontra un certo Guglielmo Divini di Lisciano (oggi frazione di Ascoli Piceno), da tutti ritenuto il “re dei versi”. Guglielmo resta affascinato dalla figura e dalla predicazione di Francesco. Si fa frate con il nome di Fra Pacifico e continua a comporre in omaggio alla fede ricevuta. Gli storici non hanno dubbi che sia lui, Fra Pacifico, ad aver curato la messa a punto di un’opera straordinaria, il celebratissimo “Cantico delle Creature”, detto anche Cantico di Frate Sole, considerato dagli studiosi il primo documento letterario in lingua italiana. L’amicizia tra i due è fortissima e si manterrà tale.

Tornando al nobile vagabondare nelle Marche, Francesco ha toccato in lungo e in largo ogni zona, da Ascoli Piceno a sud – si ricordano i passaggi ad Appignano del Tronto, Offida, Castignano, Venarotta, Poggio Canoso dove, lungo la strada che da Rotella va al monte dell’Ascensione, c’è uno dei primi eremi francescani sorti nella regione – all’estremo nord, verso San Leo (oggi in provincia di Rimini). A proposito di San Leo, va detto che è una tappa importante perché è proprio lì che il giovane assisano conosce Orlando da Chiusi che gli fa dono di un terreno, quello dove oggi possiamo andare, immersi nel verde, a sentire il grande richiamo spirituale e naturalistico dell’Eremo della Verna.  I luoghi toccati dal Santo sono ancora tanti e non possiamo menzionarli tutti, come sono molti i conventi e le persone marchigiane che hanno dato risalto, nei secoli, all’essenza più autentica del francescanesimo.

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