“Jerusalema”, anche la Marina Militare balla al ritmo del tormentone sudafricano

a cura del CONTE DI MONTECRISTO –

C’è un video molto bello su YouTube, accattivante, brioso, piacevole da vedere e ascoltare. Ci sono alcuni ragazzi e ragazze di colore che, al ritmo della canzone Jerusalema, danzano con passi che si fanno frenetici ed eleganti, ben coordinati tra loro. É qualcosa di più di una danza. In un tipico quartiere africano, povero ed essenziale come solo i quartieri africani sanno essere, i ragazzi sbucano da un vicolo e iniziano uno spettacolo di movimenti incalzanti che trascinano lo spettatore in un entusiasmo velato di sottile melanconia. Jerusalema è la canzone scritta e composta da Master KG, un giovane ventiquattrenne africano che si sta facendo notare nell’ambiente. Ha la struttura musicale del gospel, è una preghiera e invocazione religiosa scritta in lingua venda. É la lingua della comunità bantu che si parla in Zimbabwe e, in parte, in Sudafrica. La canzone è struggente e gioiosa, triste e allegra. E chi la balla sa interpretarla con coinvolgimento. Sono belli e sono bravi questi ragazzi. Non smetteresti di guardarli e non smetteresti di ascoltare la canzone cantata benissimo da Nomcedo Zikode, cantante sudafricana.

In rete c’è un’altra interpretazione danzata, di quelle che non t’aspetti e proprio per questo ti sorprende.  Una donna in alta uniforme, con la divisa estiva, la classica bianca divisa della Marina Militare, con la sciabola e il grado di tenente di vascello, inizia qualche passo, dapprima un po’ incerto, poi con più sicurezza, al suono di quello stesso motivo. I militari del plotone, anche loro con la bella divisa bianca e le armi d’ordinanza, quelle lunghe, lentamente la seguono, forse con un pizzico d’indecisione e qualche imperfezione stilistica, poi, in un crescendo gioioso, imparano a coordinarsi e a fine danza parte spontaneo un applauso. E sono belli, anche loro. Il cortile della caserma acquista una connotazione più ampia e ci mostra questi militari con il volto sorridente e sereno. Non credo che questo episodio, nella sua spontaneità e semplicità, tolga qualcosa al valore della Marina, alla sua storia, al suo prestigio. Anzi, aggiunge umanità e sensibilità: l’ironia è sempre una grande risorsa. Eppure, stando a quanto hanno riportato i social e alcuni organi di stampa, la cosa non è piaciuta a molti puristi e, soprattutto, non è piaciuta ai vertici che avrebbero avviato un procedimento disciplinare verso l’ufficiale e l’intera truppa che ha partecipato.

Speriamo non sia così, speriamo non ci siano conseguenze. Ho riguardato più volte entrambi i video, quello dei ragazzi africani e quello dei militari e non posso non pensare come sia bello che una canzone, tra l’altro una preghiera, una invocazione alla pace, sappia unire, avvicinare, semplificare. Ma sarebbe un errore filosofare e argomentare chissà quale teoria o dotte opinioni. No, quei ragazzi in divisa militare volevano semplicemente qualche attimo di leggerezza, giusta, umana, necessaria. E noi, che guardiamo, cogliamo questo bisogno e lo apprezziamo. In un mondo complesso, talvolta ingessato negli stereotipi, ben vengono queste estemporaneità. Ci aiutano a credere che sotto un’uniforme, di qualsiasi tipo, ci sia cuore e anima. E Jerusalema è davvero un gran bel canto, nella migliore tradizione gospel.

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