Vespasiani ricorda Lupo: «Ciao Riccardo, ora tu sei di fronte all’Assoluto»

di MARIO VESPASIANI –

É morto il 25 maggio all’età di 64 anni Riccardo Lupo, figlio del celebre artista Mario Lupo e fondatore della Stamperia dell’Arancio di Grottammare. Lutto nel mondo della cultura per la perdita di un intellettuale molto amato da quanti hanno avuto il piacere di condividere con lui progetti culturali e artistici. A tal proposito, di seguito pubblichiamo una nota pervenuta in redazione in cui l’artista ripano Mario Vespasiani ricorda Riccardo Lupo (ndr.)-

Mentre scrivo queste righe sono seduto in giardino. La luce del giorno per un istante si oscura, tolgo istintivamente gli occhiali da sole e in alto un cerchio luminoso fissa l’attimo, mi ricorda che sono qui ma anche altrove, non solo, ma perfino con chi mi ha preceduto e con chi non ho ancora visto. Allora velocemente scatto una foto, che insieme a queste parole è racconto, testimonianza e visione. Dopo quella dell’amico Gabriele, la notizia della scomparsa di Riccardo lascia il segno. Entrambi coetanei e armati di tutto il coraggio possibile hanno affrontato prematuramente due sfide impossibili con quella forza d’animo che commuove, convince e rassicura. Due persone che si sono spese per il loro territorio in maniera totale, uno creando un centro medico d’eccellenza a Fermo e l’altro un polo culturale di prima qualità in Riviera.

Ho conosciuto Riccardo da studente, quando aprì una galleria su tre livelli da far invidia a quelle internazionali, collegata ad una stamperia d’arte e una casa editrice. Lì ho esposto per la prima volta le mie tele e quella curiosità che lui aveva nell’apprezzarle, per me era soprattutto un incoraggiamento a fare bene, a fare meglio. L’entusiasmo mi portava a vedere non solo le opere che avevamo davanti, ma tutte quelle che avrei fatto. Quelle grandi pareti chiedevano un ampio respiro e l’ambizione di provare a “reggerle”; la sua ricca libreria mi ha tenuto immerso come dentro un’acquario in cui si potevano scoprire artisti mai visti, se non ad ArtBasel o alla Biennale. In galleria ho poi conosciuto intellettuali di prima qualità, artisti, critici, scrittori, poeti in un momento in cui c’era voglia di conoscenza diretta, disponibilità all’ascolto e condivisione reale.

Un giorno di ritorno da Udine dove avevo esposto una serie di ritratti di bambini, gli regalai il catalogo e come lo vide disse: «Facciamo il seguito, ci penso io alle spese». Lo stesso avvenne qualche anno fa, quando in silenzio sfogliando le mie foto in bianconero fatte a Mara, se ne uscì dicendo: «Questa storia contiene un messaggio che forse nemmeno voi immaginate, raccontiamola». Da quella sua intuizione nacque il primo volume Mara as Muse e per la prima volta nella storia dell’arte un artista pose in primo piano non se stesso ma la sua musa. Posso dire di conservare solo bei ricordi e persino quando le vicissitudini lo avevano fiaccato, non ho mai avuto motivo di perdere la stima.

Riccardo era una persona affascinante, perchè oltre ad essere un bell’uomo possedeva insieme gentilezza e cultura, elementi rarissimi nel mondo attuale (anche dell’arte) aggressivo e banalmente narcisista. Tuttavia per lui, come per tanti altri amici che ci hanno lasciato, oggi non prevale il dolore, perchè la loro sostanza è qui con noi, nei libri, negli incontri e nel bene trasmesso. «Vai avanti e ascolta la tua voce interiore, siamo fatti per distinguerci non per adeguarci» le sue parole recenti. Ciao Riccardo, ora tu sei di fronte all’Assoluto, io ne scorgo i riflessi impercettibili, che con le opere sto mettendo insieme: ecco perché, come tu ben sai, ha ancora senso dipingere…

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