Lamezia, chiude il centro che ha scoperto il gene dell’Alzheimer. Amalia Bruni: «Pochi fondi»

di AMERICO MARCONI –

La notizia è di questi giorni, ed è una di quelle che fanno rileggere il pezzo due, tre volte. Concludendo sempre allo stesso modo: non è possibile. Purtroppo è vera: così finisce la ricerca in Italia. Procediamo con ordine. Il Centro Regionale di Neurogenetica di Lamezia Terme, in provincia di Catanzaro, tenuto a battesimo dal Premio Nobel Rita Levi Montalcini, è a rischio di chiusura. Si tratta di un polo di eccellenza nazionale per lo studio dell’Alzheimer con uno staff qualificatissimo di genetisti, biologi, neurologi. Nel suo archivio ci sono 12.000 cartelle, 4000 pazienti in carico, 30 nuovi casi valutati a settimana. E pubblicazioni sulle principali riviste scientifiche mondiali. «Ci sono voluti oltre 30 anni di lavoro per risalire alle origini della malattia e 11 anni di studi approfonditi di biologia molecolare per isolare il gene alterato» spiega Amalia Bruni, la neurologa che ha fondato e dirige da 20 anni una struttura che ha compiuto un eccellente lavoro di ricerca sulle malattie neurodegenerative. Infatti la dott.ssa Bruni, insieme al suo staff, nel 1995 ha individuato la presenilina, il gene più diffuso dell’Alzheimer.

L’attuale situazione è presto spiegata nella solita frase: “mancano i fondi”. I genetisti se ne stanno andando, e il resto dello staff – infermieri, informatici, psicologi – ha ricevuto le lettere di licenziamento. Il centro, gestito dall’Associazione per la ricerca neurogenetica, è di fatto inattivo: i 3 neurologi rimasti possono svolgere parzialmente attività ambulatoriale. Non è possibile eseguire gli esami, nei laboratori mancano tecnici e materiali. L’assistenza ai pazienti e alle loro famiglie è ridotta al minimo. «Abbiamo raschiato il fondo del barile, fatto fronte con la nostra associazione a mesi di stipendi non pagati. Ora abbiamo solo debiti», spiega Amalia Bruni. Che ha scritto al commissario al piano di rientro Saverio Cotticelli, al ministro alla Salute Roberto Speranza e al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

I problemi sono iniziati nel 2010, con il commissariamento della sanità calabrese: stanziamenti ridotti, erogazioni a singhiozzo. L’ultima giunta regionale aveva destinato al centro alcune somme che si sono rivelate però del tutto insufficienti: 200mila euro per il triennio 2019-2021. Sono bastati per 8 mesi. L’attuale Presidente della Regione Jole Santelli è stata informata. Tutti sanno. La prefetta di Catanzaro Franca Tancredi ritiene che sia necessaria una nuova legge regionale. «Tempi biblici che non possiamo permetterci» commenta Amalia Bruni.

Insomma la solita, paralizzante, trafila burocratica italiana. Già possiamo immaginare l’eventuale destinazione dei vari scienziati impegnati nella struttura: all’estero. Ma per una volta pensiamo positivo e speriamo che certe orecchie, quelle che contano, di colpo diventino sensibili a tali richieste e si diano da fare. Per salvare un polo d’eccellenza clinica e scientifica tutto italiano.

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