Sdoganato lo spot “Obiettivo Risarcimento”, riflessioni sulla medicina difensiva

di RAFFAELLA CIUFO –

Lo spot con testimonial Enrica Bonaccorti, trasmesso regolarmente su LA7,  ma sospeso sulle reti Rai e Mediaset, in attesa del parere richiesto all’Iap, Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, non è in contrasto – così ha decretato l’Iap – con le norme a tutela dei consumatori. E non poteva essere diversamente, a nostro parere, in quanto lo spot si limita a divulgare informazioni, peraltro ignorate prima dello spot da molti italiani che numerosi, come rende noto la stessa società di tutoring Obiettivo Risarcimento, da tutta Italia hanno preso contatto per saperne di più. «Con il parere così espresso dall’Iap – evidenzia ancora la società – si riabilita il diritto di migliaia di cittadini-pazienti ad essere comunque informati». Perché niente, noi pensiamo, può essere contrapposto all’affermazione del diritto all’informazione e ad una maggiore consapevolezza, nemmeno il rischio, paventato in questi giorni dai portavoce dei medici, di un potenziale effetto di rimbalzo concretizzantesi nell’aumento della pratica della medicina difensiva.

La medicina difensiva, come si può facilmente intuire, è una pratica che il medico esercita a sua tutela, ma a danno del paziente, facendo – per così dire – troppo o troppo poco. Si parla di una medicina difensiva positiva quando vi è un “eccesso di zelo”, prescrivendo terapie e ricerche diagnostiche anche inutili. E non vale sempre la massima “meglio di più che di meno”, perché le terapie e le indagini diagnostiche non sono sempre prive di effetti collaterali e dunque se potessero essere risparmiati al paziente, là dove inutili, se ne gioverebbero anche le casse dello Stato. Si parla di medicina difensiva negativa quando, a danno del paziente, il medico si astiene dall’intervenire o dirotta il paziente altrove nei casi di alto rischio terapeutico o di pazienti critici, scomodi.

Va da sé che la medicina difensiva risulta essere di base una pratica distorta seppur per certi aspetti se ne comprendano le motivazioni, ma che tuttavia non può essere ricondotta alla semplice esistenza di un diritto risarcitorio, da far valere comunque sempre precisamente dimostrandolo. Questa posizione difensiva da parte del medico, che ci si auspicherebbe veder superata, deve infatti avere necessariamente radici e cause ben più complesse, se gli studi condotti sul tema evidenziano il permanere di questa pratica cautelativa da parte del medico anche quando, come in Nuova Zelanda, vige il sistema no-fault, secondo il quale il paziente viene risarcito senza che il medico venga accusato. Ma anche altrove, là dove il rischio di essere citati in giudizio è ridotto. Pertanto, a quanto pare, non è che con il sistema delle bocche cucite ovvero con la limitazione delle informazioni possa risolversi il problema di una deplorevole pratica medica,  che non fa bene al paziente, ma nemmeno all’importantissima figura professionale del medico stesso. Vanno evidentemente percorse altre vie.

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