Parità di genere? Siamo ancora lontani dall’Europa

di ALCEO LUCIDI –

RUBRICA “DRITTO E ROVESCIO”

Alceo Lucidi

Piacerebbe che le donne fossero maggiormente rappresentante ed incisive nel quadro politico, economico e sociale italiano. Tanto da non far sembrare l’emancipazione, voluta e pagata anche a prezzo di aspre battaglie – non sempre, a mio parere ben condotte – solo un pannicello caldo o il contentino offerto da una compagine sociale ancora fortemente maschilista, sessista, per non dire misogina. Dati alla mano (quelli resi noti da uno studio di Openpolis) soltanto il 17,60% dei consiglieri regionali è donna, certamente un dato più confortante – si fa per dire – se si pensa che, solo tra il 2000 e il 2003, il “secondo sesso” – come lo ribattezzò ironicamente Simone De Beauvoir in un suo romanzo – rappresentava in generale la quota irrisoria dell’8,60% degli eletti. Siamo proprio lontani dai livelli europei, dove quasi il numero delle presenze nel Parlamento Europeo sale quasi al 40%. Per non parlare delle amministrazioni comunali che vedono solo il 14% di donne prescelte come primo cittadino con due soli Presidenti di Regioni. Non va meglio nel Parlamento della Repubblica (185 alla Camera e 86 al Senato) e ancora peggio nel Governo della Nazione.

Eppure il “Rosatellum” – l’attuale legge elettorale nazionale – prevederebbe delle quote “rosa”, tutt’altro che degli slogan o delle imposizioni (come qualcuno vorrebbe far credere), bloccate però sia nei collegi uni che plurinominali dalla possibilità di procedere a più di una candidatura che favorirebbe gli uomini in proporzione. Manca, inoltre, da sempre, in Italia, un Presidente della Repubblica donna, così come un Presidente del Consiglio e, dopo le parentesi di Nilde Iotti, nei lontani anni Settanta, e di Irene Pivetti, negli anni Novanta, con l’eccezione dell’attuale presidente del Senato, Casellati, anche una più significativa presenza e tradizione nei ruoli rappresentativi delle istituzioni ai massimi livelli.

Altrettante barriere e conflittualità tra carriera e famiglia, divenute sempre più difficili da conciliare, inoltre, si riscontrano nei consigli di amministrazione o nelle grandi organizzazioni aziendali in termini manageriali. Qui la donna sembra quasi assottigliarsi, scomparire, nonostante qualche più a suo favore, dietro le complesse architetture delle governance aziendali con le loro logiche preminenti e gli stress da primi della classe, oberati da agende e piani di lavoro fittisdimi, fatti solo per chi, come gli uomini, possono più facilmente concentrarsi unicamente sul lavoro, senza cadere nelle varie maternità, negli allattamenti, nello svezzamento dei figli.

Intanto, in questa strisciante discriminazione sociale, si sfaldano anche i rapporti famigliari e sentimentali, la violenza (ri)diviene minimo comune denominatore di regolazione delle dinamiche di coppia con un’esplosione drammatica, nel corso degli ultimi anni e senza precedenti, di casi di omicidio-suicidio in famiglia e di femminicidio (solo nel primo semestre del 2018 un’impennata del 30% sull’anno precedente con un ritmo di una donna uccisa ogni 60 ore). L’eguaglianza ed il rispetto delle donne è una lotta di civiltà a cui ogni cittadino e cittadina del nostro Paese è chiamato – da cui deve sentirsi interpellato! – senza pregiudizi o stereotipi e senza l’inutile ed insopportabile girotondo dello scarico di responsabilità ai vari livelli: politici, educativi, sociali, culturali.


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