I lettori del Graffio – “Il tempo perduto” di Giuseppe Fedeli

di GIUSEPPE FEDELI * –

Riceviamo e pubblichiamo questo bellissimo testo pervenuto in redazione –

La nostalgia e la malinconia sono due sorelle: la seconda, come osserva Eugenio Borgna, è  molto piu ricca di risonanze emozionali, e di pathos: immersa nei roveti ardenti di una consapevolezza immedicabile che qualcosa non tornerà più. Il passato non è soltanto quello che segnano le lancette dell’orologio: c’è anche il tempo agostiniano, che il vescovo di Ippona chiamava il presente del passato: che non solo nei sogni, ma nelle intermittenze del cuore si  con-fonde col presente ( del presente), per poi sfociare nel (presente del) futuro: in una circolarità che Bergson tematizza come tempo dell’anima. Lo stesso Proust nella “recherche” parla “du temp vecu”, della sensazione squisita di un tempo, appunto, vissuto non secondo le scansioni della clessidra, e che riemerge in onde woolfiane nell’assaporare una madeleine. Ma tante immagini rimaste scolpite nella memoria e a noi care non di rado assumono le sembianze di spettri, di fantasmi spaventevoli, dalle risonanze arcane e dolorose.

Cala allora impietosa la lama: nei meandri della mente, come in un carosello, quando non siano percepite in penombre radenti, vorticano tante figure e immagini che non ci sono più: volti che affiorano da torbidi fondali, voci la cui eco si perde nella wasted land… tracce labili, o abissi vertiginosi… ricordi gentili o di straziante vuoto… quando si coltivava ancora l’illusione del volersi bene, e la vita era una favola bella …quando la famiglia era unita e bastava un cenno per capirsi al volo, sul filo di una comicità e complicità irresistibili…adesso è tutto finito, anzi: quella che prima era una consuetudine di vita, una comunione di sensi e di affetti, all’esito di una metamorfosi raccapricciante,  si è trasformata nel suo contrario: invidie rivalse colpi bassi sguardi biechi parole non dette gesti innominabili: penombre radenti che la notte si trasformano in tenebra immedicabile.

Ma il destino umano è segnato di sua natura da queste ferite così profonde?… l’uomo è un essere, il cui sentimento più primitivo, come diceva Freud , è l’odio? Non si può stare al gioco altrui, perché se ne rimarrebbe irretiti: per recidere il filo che lega la vittima al carnefice, bisogna per prima cosa perdonare, senza con ciò essere remissivi: si debbono cosi  stabilire le distanze fisiche e psicologiche con l’altro-da-sé, è salvifico  crearsi uno  spazio impermeabile alle immonde bassezze e alle incursioni altrui. Non è più tempo di coltivare il sogno che un giorno tutto cambierà: i sogni son desideri… ma la nostalgia, quella nostalgia che racconta il tempo, segnerà per sempre, nele sue ombre camaleontiche e nella sua malinconica eco, un vissuto.

Quando un balenio frantumerà il tempo, porteremo con noi quell’immagine sigillata da un sorriso senza tempo.

*Avvocato, Giudice di Pace di Fermo

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