Sanremo 2018. Le nostre “graffianti” pagelle

di PAOLO DE BERNARDIN –

É una storia che non se ne può più da anni eppure il Festival di Sanremo, macchina da guerra della principale rete Rai, continua a far parlare di sé, spesso più nel male che nel bene, e continua a macinare ascolti e battere record. In fondo si parla solo di trenta miliardi di pubblicità e cifre del genere accolgono col sorriso anche le critiche più esasperate e qualsiasi battaglia contro il canone. In democrazia vincono i numeri e le maggioranze e tutti i critici sono messi a tacere anche quando si tratti di una democrazia all’acqua di rosa, dove il consenso è facilmente pilotabile e, tutto sommato, democrazia non è. Sanremo è una spettacolo televisivo più che una kermesse canora e spesso sono proprio gli ascoltatori della tv i primi ingannati da un suono, apparentemente perfetto che giunge falso e distorto attraverso il piccolo schermo. Il pieno di un’orchestra si percepisce in sala, come pure le voci degli artisti o pseudo tali, le voci giungono quasi a metà e le parole svaniscono tra le labbra semiaperte dei cantanti. Quando il canto era una cosa seria persino nella canzone, i testi, purtroppo a quei tempi banali e rimbecilliti dagli ordini di potere, si percepivano perfettamente attraverso una seria estensione diaframmatica ed una articolazione perfetta cosa che oggi diventa la prima causa negativa dell’ascolto. Inoltre alcuni brani costruiti dagli autori con un arrangiamento ideale, vengono eseguiti per la gara dalla grande e magnifica orchestra per cui a volte si perdono strada facendo in attesa di essere riascoltati nelle edizioni discografiche. Ai testi il direttore artistico Claudio Baglioni ha voluto dare ampio risalto se non nella sostanza almeno nella forma ma il risultato finale non cambia per l’intera, esasperante lunghezza della serata televisiva. L’impegno, almeno nella diversità della rima “cuore-amore”, ha sfiorato il concorso dal pensiero a Frida Khalo alle istanze anti Isis, dai ricordi di un immortale Bowie alle leggende sinfoniche.

Gli esecutori

ANNALISA “Il mondo prima di te”
Non conosceva il mondo prima di sé ed è rimasta totalmente al buio alla ricerca di un improbabile nuova destinazione  (Voto 3)

RON “Almeno pensami”
L’unica vera canzone del Festival e non solo per merito di Lucio Dalla, suo autore, ma anche per la riservatezza e la mancanza di spettacolarizzazione del suo interprete, discreto e molto efficace. Se devo pensare a chi attraverserà il tempo da questo festival, senza lesioni e senza noie, penso solo a Ron (Voto 9)

THE KOLORS “Frida (Mai Mai Mai)
Troppa costruzione per un improbabile blockbuster.  (Voto 4)

MAX GAZZE’ “La leggenda di Cristalda e Pizzomunno”
La forma canzone andrebbe rispettata, all’interno del festival. Diversamente la bellezza della costruzione si perde nei meandri del sinfonismo e del musical. (Voto 6)

ORNELLA VANONI BUNGARO PACIFICO  “Imparare ad amarsi”
Ottima costruzione di due autori sensibili e capaci di tradurre emozioni. Le incertezze vocali dell’età della signora si perdonano tutte  (Voto 7)

ERMAL META FABRIZIO MORO  “Non mi avete fatto niente”
Sfida alla guerra e all’intolleranza delle religioni in un impegno che, sulla carta non manca. Musicalmente però è tutto un déjà vu.   (Voto 5)

MARIO BIONDI  “Rivederti”
Serata sottotono per un lavoro con al centro il mondo e i colori brasiliani nell’intera nuova opera dell’artista siciliano. Esecuzione riduttiva  (Voto 6)

ROBY FACCHINETTI RICCARDO FOGLI  “Il segreto del tempo”
Il vero segreto è di rimanere nel gioco classico che non cambia da 50 anni per gli ex Pooh. Ma il limite è superato. Spazio alle nuove leve.  (Voto 4)

LO STATO SOCIALE   “Una vita in vacanza”
Tentativo di ironizzare sulla mancanza di lavoro della gioventù d’oggi. Il sorriso è amaro, tranne le articolazioni della signora 84enne che si permette di competere con i giovani.   (Voto 5)

NOEMI  “Non smettere mai di cercarmi”
Ottimo suggerimento per un artista. Cercare cercare cercare sempre qualcosa di nuovo. Ma con gli autori che non cambiano da 6 anni tutto il resto è noia. (Voto 4)

DECIBEL  “Lettere dal Duca”
Il White Duke è nel cuore di tutti ma la lettera che ci ha spedito ha bisogno di traduttori aggiornati. (Voto 5)

ELIO E LE STORIE TESE  “Arrivedorci”
Avevano scelto la strada migliore e ci hanno ripensato per Sanremo. Sinceramente potevano evitare una figuraccia  in salsa indo flower power.  (Voto 4)

GIOVANNI CACCAMO  “Eterno”
Bella faccia ma troppo ectoplasmatica per un palcoscenico esigente. Esiste solo lì.  (Voto 5)

RED CANZIAN “Ognuno ha il suo racconto”
Vedi alla voce inutilità da power rock  (Voto 4)

LUCA BARBAROSSA  “Passame er sale”
Il romanesco non cede mai alle mode e resta fedele a se stesso che siano Mannarino o Barbarossa, in questo caso. Tutto è già sentito ma tutto è perdonato. (Voto 6)

DIODATO ROY PACI   “Adesso”
Sino ad ora si è dimostrato ottimo autore e interprete ma a Sanremo è inciampato gravemente.  (Voto 5)

NINA ZILLI “Senza appartenere”
Il lungo sonno annuale in attesa di Sanremo non le fa mai bene. Si ostina a scrivere ma senza mai brillare. Restituiamo i ruoli: cantanti, coristi, autori, interpreti. Chacun à sa place.    (Voto 4)

RENZO RUBINO  “Custodire”
Inutilità da palcoscenico   (Voto 3)

ENZO AVITABILE  PEPPE SERVILLO  “Il coraggio di ogni giorno”
Da soli ci hanno regalato veri capolavori di strumentazione della canzone popolare e di melodie appassionate. Insieme non regalano nulla all’altro. E al brano.  (Voto 6)

LE VIBRAZIONI  “Così sbagliato”
Più sbagliato e più banale di cosi non si poteva pretendere.  (Voto 4)