Finché l’Orietta va

di MASSIMO CONSORTI –

Nella nostra vita ci saremmo aspettati di tutto, ma di dover difendere Orietta Berti mai. Signori, qui il problema è serio, perché se iniziamo a ritenere l’usignolo di Cavriago un pericoloso agit-prop, qualcosa nell’unica sinapsi che gira solitaria e libera nel nostro cervello, si è irrimediabilmente rotto.
Ma quale sarebbe la colpa da peccato mortale (e originale) della capinera dell’Emilia, come amabilmente la chiamò Silvio Gigli (non Beniamino, calmi) qualche anno fa? L’aver detto in radio che a lei Di Maio sta simpatico. Lo ha incontrato negli studi Rai di Milano e si sono fatti un selfie, perché alla mamma del pentastellato la Berti piace da matti. A Orietta, a cui piace Fabio Volo, il che è tutto dire, e anche Gigi Marzullo (o signur!) basta che un uomo si presenti con fare gentile, non dica parolacce, non soffra di alitosi e abbia le unghie pulite e gli sta immediatamente simpatico.
Ma da una signora che nella sua vita artistica ha cantato canzoni di indubbio valore rivoluzionario come Finché la barca va, Tipitipiti e Via dei ciclamini (al 123), un normodotato cosa si deve aspettare? Che dica tutto quello che le passa per la testa.
Ma in Italia, e con il clima che c’è in questa campagna elettorale, invece di farsi quattro risate, perché non vediamo proprio la signora Berti spostare milioni di voti, si ricorre all’Agcom per violazione della par condicio. Ora, a parte il fatto che denunciare il comportamento di una signora tanto a modo, ci sembra un gesto da cafoni, ma è possibile che tutto debba essere ricondotto ai nostri miseri interessi di bottega?
È mai possibile che la libertà di stampa o di espressione esista solo quando è a nostro favore e contro qualcun altro? Prendersela con Orietta Berti è sparare sulla Croce Rossa, speriamo che qualcuno lo capisca e se ne faccia presto una ragione.