di ELIANA NARCISI (ELIANA ENNE) –
Tribunale dei minori di Napoli. Un avvocato sta per discutere la sua causa appena chiamata a ruolo ma la giudice (onorario) lo blocca. «Ma sei davvero un avvocato?» e lui risponde di sì. La giudice gli chiede di mostrare il tesserino e l’uomo obbedisce. Lei controlla il documento e poi insiste. «Ma sei davvero laureato?» Lui mantiene calma ed educazione e aggiunge: «Sono anche membro del Consiglio dell’ordine di Napoli». Quale motivo può aver spinto il magistrato a fare tutte queste domande? Il fatto che l’avvocato in questione si chiami Hilarry Sedu e abbia origini nigeriane.
Faccio l’avvocato da più di vent’anni e nessuno mi ha mai chiesto di esibire il mio tesserino, tranne forse gli addetti alla sicurezza all’ingresso del Tribunale, ma solo per farmi il favore di consentirmi di entrare senza perquisirmi la borsa. Leggere che a un collega venga messa in discussione non solo l’abilitazione professionale, ma addirittura la laurea perché ha la pelle nera è qualcosa di squallido che non deve costituire un precedente. Al suo posto credo che avrei reagito malissimo, lui invece ha mantenuto il controllo ed ha anteposto l’interesse della sua causa e, dunque, dei suoi clienti al proprio orgoglio, dando prova di grande professionalità.
Per diventare magistrato onorario minorile occorre essere “benemeriti dell’assistenza sociale”, ossia svolgere attività continuativa intesa, fra le altre cose, a favorire l’adattamento costruttivo alle regole e ai valori della vita comunitaria rimuovendo le cause di disadattamento. Questa giudice è così benemerita dell’assistenza sociale e così sensibile al tema che appena ha visto un uomo dalla pelle nera ha subito dubitato della sua onestà e non si è fatta il minimo scrupolo ad accusarlo implicitamente di esercitare abusivamente la professione forense. L’avvocato Sedu è stato fin troppo educato. Avrebbe potuto risponderle: «E lei signora è sicura di essere un magistrato? Perché “onorario” vuol dire che non è togato e dunque non ha sostenuto alcun esame che attesti la sua preparazione. A differenza mia».
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