Servigliano, uno dei borghi più belli d’Italia

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Se in estate, nella terza domenica di agosto, ci trovassimo a transitare lungo la Valle del Tenna, la bellissima area che dai Sibillini arriva al mare Adriatico, è possibile che giunti a Servigliano, magnifico borgo tra i più belli d’Italia, saremmo attratti dal richiamo di festeggiamenti. Infatti, nel fine settimana di quella domenica, c’è la rievocazione storica del Torneo Cavalleresco di Castel Clementino, nei tipici costumi del XV secolo. Si va a ricordare un avvenimento del 1450, quando venne ceduta la Piana di San Gualtiero alla Comunità di Servigliano. Il corteo conta ben 500 figuranti, tutti in abiti d’epoca riccamente rifiniti. La manifestazione comprende, tra altre iniziative, anche lo spettacolo degli sbandieratori e la Giostra dell’anello fra i cinque rioni. É una ricorrenza molto sentita dai serviglianesi ed è un bel richiamo per la vallata.

É una storia antica quella di Servigliano, tra le originarie mura e quelle attuali. I primissimi insediamenti risalirebbero ai Piceni e agli Etruschi, per avere poi un maggior sviluppo in epoca romana. Servijà (nel dialetto locale) è un comune della provincia di Fermo che oggi sta intorno a 2.300 abitanti, a 216 metri s.l.m. Come capita anche per altri comuni storici, l’origine del nome ha qualche incertezza, ma molto probabilmente deriva da Publio Servilio che aveva nei pressi dell’attuale allocazione delle proprietà con una villa romana, la Gens Servilia. L’abitato non si è chiamato sempre così. La parte più antica del borgo, all’inizio del secondo millennio si chiamava Castel San Marco ed era area di confine strategica. Successivamente, dal 1771 al 1863, il nome era Castel Clementino.

Il cambio della denominazione, per poco più di 90 anni, lo si deve alla ricostruzione dell’insediamento, a seguito della grande frana del 1771, per dissesti idrogeologici, che portò a rovina il borgo antico. Il merito della ricostruzione, in posizione più stabile, sulla sponda destra del fiume Tenna, va a Papa Clemente XIV. Castel Clementino deriva da lui. Il nuovo nome fu mantenuto fino all’annessione all’Unità d’Italia, nel 1863, dopodiché venne attribuito definitivamente l’attuale Servigliano. Curiosa la “scala” demografica. Dall’annessione all’Unità d’Italia in poi, fino a metà del secolo scorso, gli abitanti risultanti dai censimenti erano in continua crescita, segno di vitalità economica e non solo. Nel 1951 c’è stato un picco di oltre 4.100 persone per poi iniziare a scendere, decennio dopo decennio, fino ai valori attuali, paragonabili a quelli dell’ultimo periodo dello Stato Pontificio.

Entrando nel borgo, da una delle tre magnifiche e monumentali porte, si resta a dir poco piacevolmente sorpresi osservando la sua struttura architettonica dalla forma quadrangolare, unica nel suo genere, ordinata e molto ben conservata. La piazza è grandissima e il tutto lascia una rassicurante impressione di luogo protetto, quasi una città ideale, per l’armonia, la bellezza neoclassica tipicamente settecentesca, la preziosità dei suoi palazzi. Il visitatore potrà vedere la Collegiata di San Marco Evangelista in corso Navarra. Al suo interno c’è uno splendido organo del diciottesimo secolo. Restando in piazza, si potrà ammirare il Palazzo Vecchiotti che di certo non passa inosservato per la sua imponenza.

Uscendo dal perimetro urbano, occorre assolutamente vedere il complesso monastico dei Frati Minori Osservanti e soprattutto soffermarsi al Santuario di Santa Maria del Piano.
Il convento, a due piani e con un bellissimo e tipico chiostro, è vicino al Tenna. Non si sa molto delle origini, ma di certo la costruzione venne completata nel primo periodo del 1600. L’attuale paese fu eretto proprio nel terreno del convento, dopo la frana del 1771. Nel corso dei secoli, il grande edificio conventuale ha ospitato scuole, ospedale, sale municipali, caserme. Il Santuario di Santa Maria del Piano, nella sua parte più antica, è stato costruito tra la fine del XIV secolo e l’inizio del XV. Ma è soprattutto in periodo settecentesco che furono portati a termine i lavori della chiesa, con una grande navata con sette altari e la torre campanaria.

Va fatto un doveroso cenno alla Casa della Memoria e al Campo di prigionia, diventato poi Parco della Pace. Il parco, durante la prima e la seconda guerra mondiale, era lo spazio di un grande campo per ospitare fino a 10.000 prigionieri. La costruzione delle prigioni risale all’inizio del Novecento. Venne poi ridimensionato e infine ampliato in occasione dei due conflitti mondiali. Il campo venne utilizzato anche per il confinamento degli ebrei e per raccogliere profughi e sfollati, anche dopo i conflitti. Vicino al Parco della Pace, all’interno della vecchia stazione ferroviaria, oggi c’è la Casa della Memoria, per ricordare quei terribili periodi con immagini fotografiche e documenti originali.

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