Osvaldo Licini, artista marchigiano tra i più fantasiosi del ‘900

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Monte Vidon Corrado è un paesino collinare nell’entroterra fermano, nelle Marche. Oggi ha meno di 800 abitanti, ma alla data di nascita di Osvaldo ne contava più di 1300. Stiamo parlando di Licini, il grande pittore astrattista, e non solo: ha riletto e reinterpretato a suo modo l’arte moderna, scegliendo una non coerenza, nel senso che non temeva di cambiare, di ripensare, riconsiderare. L’importante era restare fuori dagli schemi e dalla razionalità fine a se stessa. Del resto, con le amicizie importanti che ha avuto nel periodo parigino, non poteva non essere così: frequentava artisti come Picasso, Modigliani, Cocteau.  Osvaldo scriverà, a proposito dell’arte di Modigliani: «Fui preso e vinto quasi subito dal fascino potente di quelle mezze figure di donne estatiche, incatenate a sogni, emergenti da fondi semplici ma profondi, con un colore ricco, incandescente, impreveduto».

Torniamo a Monte Vidon Corrado e a qualche nota biografica, prima di osservare più da vicino la sua pittura. L’infanzia viene trascorsa con i nonni, che i genitori si trasferiscono a Parigi per le loro professioni (il padre era pubblicitario, la mamma si interessava di moda). Con genitori così “moderni”, probabilmente la collina, che pur ama, gli va un po’stretta e va a studiare a Bologna, nell’Accademia delle Belli Arti. É il 1908 e ha solo quattordici anni. L’accademia è decisiva, basti dire che tra i compagni di studio c’è un giovanissimo Giorgio Morandi. Insieme a quest’ultimo ed altri artisti, partecipa ad una collettiva nel 1914. É la sua prima esposizione. Poi, per approfondire la scultura, prosegue gli studi all’Accademia di Firenze. Arriva il primo grande conflitto mondiale che, arruolato, sarà di breve durata per lui. Viene ferito e ricoverato a Firenze. Ancora convalescente va a Parigi dalla mamma. Il padre non è più in vita. Ha modo di conoscere meglio la sorella Esmeralda che era nata in Francia ed è ballerina all’Opéra.

A Parigi, come accennato sopra, fa incontri importanti con artisti di primo piano, come anche, oltre agli altri e in più periodi, Severini, Campigli, De Chirico, De Pisis e con il mercante e collezionista che lo aiuterà, Leopold Zborowski. Non abbandona l’Italia, in fondo resta affezionato alle sue Marche, pur continuando a fare la spola tra l’Italia e la Francia. Si sposa nel 1926 con la pittrice Nanny Hellström. Lei è svedese e si erano conosciuti in Francia. Eppure, con il matrimonio, scelgono di vivere in Italia, tornando al suo paese di origine, Monte Vidon Corrado, pur continuando a partecipare alle mostre in tutta Europa: Amsterdam, Parigi, Milano, Basilea, Berna, Roma, Stoccolma, Torino, Venezia. Giusto per citare alcune grandi città. Curioso il suo rapporto con il paese d’origine. Di solito, gli artisti una volta partiti restano in un altrove, difficilmente fanno un rientro definitivo. Lui, oltre ad abitarvi, è stato anche Sindaco per due legislature, oltre che insegnante negli istituti dell’area fermana. Nel 1958 riceve a Venezia il Gran premio internazionale per la pittura, per mano del Presidente della Repubblica. Nello stesso anno muore, nella sua cittadina natia.

Tornando alla sua pittura, dopo un primissimo periodo didattico dedicato al figurativo, comprende la bellezza e la libertà stilistica dell’astrattismo ma che vuole vivere con “sentimento”, senza schemi e colori piatti, ma, al contrario, non dimenticando le forme. Tant’è che, pur giocando con la geometria, ne resta svincolato. In fondo, probabilmente, rimane forte il richiamo di un incastro del tutto personale di “visioni” pittoriche. Ha bisogno di conciliare le forme con l’immaginazione. Inventa così figure e creature che hanno una loro vita sensuale, ironica, a tratti beffarda. É il periodo artistico definito “Figurativismo fantastico”. Vedasi, ad esempio, la serie degli “Angeli ribelli”. Opere ad olio, dense di fantasia onirica e surreale che possono suggerire al visitatore richiami ad altre tendenze, senza però perdere mai la propria indipendenza espressiva. Un dipinto di Licini lo si riconosce.

La casa dell’artista a Monte Vidon Corrado è una casa-museo, il “Centro Studi Osvaldo Licini”, momentaneamente chiuso, a seguito dell’ultimo terremoto del 2016, in attesa vengano completate le ristrutturazioni. Quando verrà riaperto, sarà possibile osservare schizzi e disegni originali, che riguardano i vari periodi pittorici, ma anche cartoline e lettere e naturalmente alcuni dipinti ad olio. Visitare la casa dove visse da sposato è interessante anche per la scelta dei mobili, prevalentemente di provenienza svedese che, per quel tempo, avevano una connotazione più moderna e originale. Erano stati acquistati direttamente in Svezia durante un soggiorno e fatti spedire fino al porto di Ancona. La casa è a più livelli. Decisamente suggestivo visitare il terzo piano. É lì che c’era lo studio, molto luminoso, con le vetrate sulle ampie colline. Incanta osservare il cavalletto, i suoi pennelli, i manifesti delle mostre. Non può passare inosservata la scrivania ancora “sporca” di colore. Osvaldo era innovativo al suo tempo e lo sarebbe oggi, sempre un passo avanti, libero da tutti gli schemi, ma con cultura, saggezza, sapienza espressiva. Con quel sentimento umanissimo, a cui si faceva segno poc’anzi.

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