La Palazzina Azzurra ed il suo irresistibile fascino senza tempo

foto da Wikipedia

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

C’era un posto, quand’ero ragazzo, che era “il posto”. Quando noi ragazzotti del Paese Alto, si decideva di scendere giù, alla marina, non c’era da dirsi dove. Il dove era implicito, era la Palazzina Azzurra. Che fosse mattina d’estate, che saremmo andati al mare, o pomeriggio per fare “quattro vasche”, o sera per vedere bella gente o sentire (dall’esterno) il cantante di fama che si esibiva, noi ci si vedeva lì. Sono indelebili i ricordi del periodo magico, fine anni ’60 e i primi del’70. In parallelo alla rivoluzione un po’ vinta e un po’ persa del ’68 c’era l’ondata hippy, i “figli dei fiori”, i complessi dei capelloni e urlatori, le minigonne che più mini non era possibile, le camicette coloratissime, i pantaloni a zampa d’elefante. E tanta libertà nell’aria, forse apparente, ma l’apparenza è sostanza agli occhi di un adolescente.

In quel tempo, a San Benedetto del Tronto, zona pineta, dentro e fuori la Palazzina Azzurra c’era un fiorire di questo rinnovamento estetico e folcloristico, oltre che fenomeno di massa. In un dato periodo ci fu una sorta di raduno hippy. Difficile ricostruire con la memoria se fosse un evento specifico, una casualità, o chissà cosa. Ricordo che andavamo nel pomeriggio in pineta, noi che eravamo appena svezzati, tipo dodici, quattordici anni al massimo, per assistere a questa parata di colori, con accenti diversi, in prevalenza romagnoli. Le ragazze con le fasce sui capelli e vestitini inimmaginabili prima di allora e i maschi dai lunghi capelli, talvolta a metà schiena. Molta allegria tranquilla, aria di festa, di amicizia. Beh, per me, per noi ragazzini di borgata, provinciali fino al midollo, era qualcosa che varcava i confini, che apriva le porte del mondo, che lasciava immaginare un oltre, un lontano possibile e qualcosa di nuovo, di fresco, di luminoso.

Oggi potremmo dire che erano solo momenti di moda e di costume, poco più di un eco, ma io sorrido ancora piacevolmente e resto affezionato al ricordo e a quello che ha significato. Tutta questa premessa è per un’overture emotiva e nostalgica ad un uno dei simboli della città di San Benedetto del Tronto, la Palazzina Azzurra. Ricostruiamone la storia, che ha quasi cento anni. Intanto, c’è da dire che inizialmente l’area urbana era un po’ diversa dall’attuale. Quando le amministrazioni del tempo capirono la vocazione turistica della cittadina, decisero di valorizzare tutta la superficie attigua alla ferrovia, nel versante est.

Nei primi anni ’30 del secolo scorso, veniva dato incarico all’Ing. Luigi Onorati di progettare l’opera di riqualificazione. Ed è così che nasceva il “Viale al mare”, a suo tempo carreggiabile e che comprendeva la Fontana in Piazza Giorgini (rinominata “la Rotonda”) e l’attuale isola pedonale di viale Buozzi. Era il 1932. L’opera urbanistica appariva mastodontica, futuristica e quasi spropositata. In un periodo di scarso traffico, la carreggiata sembrava una esagerazione. Ma l’idea, nel tempo, si rivelerà giusta. Il viale ospitava anche i campi da tennis, che negli anni verranno apprezzati sia per lo sport che per altre iniziative. La Palazzina Azzurra diventa così un punto di riferimento, centro dei flussi culturali, sociali e turistici per interi e fortunati decenni, in un crescendo di notorietà balneare della città e con la presenza di personaggi di rilievo.

All’inizio, la Palazzina era sede del Club del Tennis e quello che era stato chiamato Circolo Forestieri. È stata anche sede dell’Azienda di Soggiorno per il Turismo. L’attività prevalente si è sviluppata nel dopoguerra ed ha avuto un periodo di gloria che dovremmo ricordare, grazie a spettacoli e concerti che avvenivano all’aperto, soprattutto negli anni ’60 e ’70. Non sembri strano dirlo, la Palazzina Azzurra, in quella fase, la conoscevano ovunque, lungo la Riviera Adriatica. Si sono esibiti molti personaggi importanti, tra i quali Mina (sì, proprio lei) e Celentano. A proposito di Mina, si era soffermata per l’intera stagione balneare. Le esibizioni erano esterne all’edificio, avvenivano in quello che oggi è il giardino. Comprendeva uno spazio per l’orchestra e la pista da ballo.

In seguito, la Palazzina Azzurra, forse per la necessità di restauro, forse perché tutto cambia nel tempo risentendo la concorrenza della riviera romagnola, entra in una fase decadente, durata fino a buona parte degli anni ’90. Il restauro del 1996 ha dato una nuova identità all’edificio liberty. Oggi è apprezzata sede culturale, per mostre, conferenze, presentazione di libri ed eventi dedicati all’arte. Ma in passato, come era fatta dentro? Ricordando che è stata sede del Club del Tennis e dell’Azienda di soggiorno, entrando qualche decennio fa nell’elegante struttura di colore azzurro, con molte palme nell’intorno, avremmo trovato un bel bar al piano terra, con salottini, docce e servizi. Il primo piano, con accesso interno, aveva altri salotti, sala lettura, spogliatoi. Una bella storia quella della Palazzina Azzurra, fatta di fasi diverse, importanti e propositive. Di certo la sua vocazione turistica e culturale non tradirà negli anni che verranno.

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