Offida, il borgo tra i più belli con origini preistoriche

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Bisogna andarci ad Offida per rendersi conto. Bisogna esserci sulla piazza principale tra colonne e portici, nelle vie minori ricche di storia, mentre dolcissime signore, intente a fare il tombolo, trovano il modo di sorriderti, a te che non conoscono, con quella spontaneità non recitata tipica di chi resta nel proprio tempo. Bisogna esserci, mentre qualche artista di strada ti prende l’attenzione quando stavi pensando di ripartire. Ripartire, ma per fare cosa? Bisogna esserci per comprendere cosa significa essere in uno dei Borghi più Belli d’Italia. Offida viene da lontano, ha radici preistoriche, documentato dalla presenza di tombe del popolo piceno (periodo VII-V secolo a.C.). Quello che vediamo oggi, entrando nella mura, è una presenza fortissima di testimonianze storiche romane e medievali. Diceva l’umanista Francesco Panfilo, nel suo Picenum (1575) “Nobilis interius laetis iacet Aufida campis Urbs munita loco, divitiisque potens”, ovvero: Internamente a lieti campi in mezzo, sta la nobile Offida; adorna e forte di rocca e muri, e che potente fanno le sue ricchezze e il cittadin valore (secondo la traduzione di Carlo Arduini, abate vissuto nel XIX secolo e che ad Offida fu insegnante).

Quando arrivi nella cittadina marchigiana, poco meno di 5.000 abitanti, a 293 m.s.l.m., in provincia di Ascoli Piceno, resti subito colpito da una fortificazione monumentale medievale con torri, massiccia e imponente. Lasci l’auto negli ampi parcheggi esterni e ha inizio una passeggiata fatta di sorprese e rivelazioni. E lo è anche per chi scrive, che pur la conosce bene, frequentata molte volte. Lo stupore si rinnova e non è retorica. Camminando per il Corso Serpente Aureo, vedi le prime vetrine con i merletti realizzati a tombolo e le donne di ogni età, che, lungo la strada, davanti ai loro portoncini, sono intente a realizzarli. Spettacolo unico, senza tempo.

Arrivi a Piazza del Popolo e c’è l’incanto del bellissimo Palazzo Comunale con un portico a sette arcate che a sua volta sostiene una loggetta a 14 arcate. L’effetto è di rara eleganza architettonica. L’edificio ha al suo interno una piccola pinacoteca. Nel corso del XVIII secolo, la sala consiliare, che già veniva utilizzata per rappresentazioni teatrali, venne trasformata in un teatro di legno con palchetti in tre ordini e loggione. Ma risultando piccolo per il successo che ebbe, cinquant’anni più tardi venne rielaborato in quello che vediamo oggi: un teatro con pianta a ferro di cavallo, con 50 palchi su tre ordini, platea e loggione. Il soffitto è interamente affrescato. La facciata attuale del teatro Serpente Aureo è ancora il vecchio portico del ‘400. In proporzione alle dimensioni della cittadina, c’è un numero considerevole di chiese, conventi, santuari.

In particolare, consigliamo il Santuario di Beato Bernardo, dove ci sono le spoglie del religioso molto amato dagli offidani. La cappella, all’interno di una chiesa che fa parte del convento dei cappuccini, sorprende per la sua essenzialità e, cosa che non t’aspetti, una quantità impressionante di ex-voto. Molti piccoli quadri, spesso semplici, senza pretese artistiche, testimoniano le grazie ricevute per intercessione dal Beato da persone e famiglie. Da non trascurare il Santuario di Sant’Agostino; la Chiesa della Madonna del Suffragio che ha al suo interno una bella statua lignea del ‘400; il Monastero di San Marco con affreschi del XIV secolo; la Chiesa dell’Addolorata, quattrocentesca e a navata unica; la Chiesa Collegiata, forse la più ricca di testimonianze artistiche e architettoniche.

E quando infine credi d’aver visto tutto, dopo che hai parlato con le signore del tombolo e ti sei perso in quelle mani leste che muovono i fuselli, dopo che hai visto piazze e chiese d’ogni epoca, palazzi monumentali, il teatro, la bellissima facciata dell’antico ospedale, dopo che hai comprato i funghetti, tipici dolcetti offidani, i souvenirs e soprattutto i pizzi e i ricami, dopo che hai visitato il Museo Contadino, che hai camminato, fotografato e ammirato, quando pensi che ormai non ci sia nulla da vedere e cammini un po’ ad inerzia ed arrivi nell’ultimo tratto di strada che sembra uscire dal Borgo, per sfumare nelle campagne, quando stai per girare sui tuoi passi, ecco, la vedi e capisci che tutto il bello già visto è forse poca cosa rispetto a quello che stai per vedere: Santa Maria della Rocca, antichissima chiesa che ha ben tre lati a dirupo, con un’altezza impressionante sulle vallate sottostanti.

La costruzione che si vede dall’esterno risale al 1330 ed ingloba una chiesa benedettina più antica con affreschi di epoca giottesca. L’entrata si apre nella cripta che è la parte più antica, a 3 e a 5 navate. Di grande suggestione, con una illuminazione leggera che lascia dominare un effetto che favorisce ed ispira la spiritualità. Al suo interno, una scala porta al piano superiore, l’altra chiesa, con un’unica aula molto grande, più luminosa. Austera ed essenziale. Atmosfera mistica palpabile. Senti la storia, quasi avverti che una moltitudine di persone, nel corso dei secoli, è passata lì, si è soffermata, ha sperato, ha rivolto una preghiera all’altare.

Infine, visiti il giardino nel retro della chiesa e ti affacci protetto dalle ringhiere su quei campi che appariranno lontano, per l’estensione delle colline a vigneto, rendendoti conto che stai osservando da un punto così alto, al limite del dirupo a strapiombo, che il volo degli uccelli è più in basso di te.  E davvero, ora, hai visto tutto o quasi. Ci sarà sempre, per la prossima volta, qualcosa che t’era sfuggito.

Copyright©2019 Il Graffio, riproduzione riservata