Uomini e donne di scienza dimenticati dalla storia

(foto di Gerd Altmann, fonte: Pixabay)

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Ci sono personaggi che sono meritatamente famosi, talvolta con una notorietà tale da surclassarne le motivazioni. Se nominiamo la teoria della relatività, tutti sappiamo che stiamo parlando di Einstein, ma forse in pochi saprebbero descriverla. È più facile che dello scienziato si conoscano aneddoti e aforismi, lati della sua personalità e aspetti caratteriali. In altre parole, la mitizzazione ha superato il ruolo scientifico. E ben venga, aiuta a mantenerne il ricordo. Per altri, tuttavia, è accaduto il contrario. Spesso utilizziamo applicazioni e innovazioni senza sapere nulla o quasi dell’inventore. Poi ci sono casi come Tesla, le cui ricerche e i risultati scientifici sono di enorme portata, tra le più significative di sempre, eppure la sua immagine risulta oscurata, per dinamiche industriali non del tutto chiare. A proposito di quest’ultimo, sembra che Albert Einstein, quando gli chiesero come si sentisse ad essere l’uomo più intelligente del mondo, diede una risposta insospettabile e illuminata: «Non lo so, dovreste chiederlo a Nikola Tesla».

Ecco, una risposta che apre un mondo, quello delle persone che pur avendone merito, in qualche modo sono state dimenticate o non comprese del tutto. Facciamo alcuni esempi, oltre quello di Tesla. Noi tutti usiamo il computer e a grandi linee sappiamo che esistono gli algoritmi, ovvero procedure di calcolo per risolvere problemi, sequenze di informazioni semplici per raggiungere e interpretare schemi complessi. Senza gli algoritmi sarebbe più difficile fare le previsioni del tempo o ipotizzare scenari futuristici, né potremmo pensare all’intelligenza artificiale. Tuttavia, non sappiamo pressoché nulla di Ada Lovelace (1815-1852), salvo che era la figlia del poeta britannico Lord Byron. Ebbene, la Lovelace dedicò la sua vita, insieme al matematico Babbage, ad elaborare linguaggi possibili per quella che loro chiamavano “macchina analitica”, vero e proprio prototipo del computer. Viene attribuita ad Ada l’invenzione del primo algoritmo, quello che genera i numeri di Bernoulli. In altre parole, il primo algoritmo concepito per un calcolatore.

Se menzioniamo Antonio Meucci, nato a Firenze nel 1808 e morto a New York nel 1889, ci viene in mente che in qualche modo il suo nome va accostato al telefono, un’invenzione di tale portata che dovremmo avere una sua statua in ogni città. Eppure, ufficialmente, il riconoscimento da parte degli Stati Uniti è arrivato solo nel 2002. Come mai? Probabilmente per un mix di ingenuità e sfortuna del nostro scienziato. Meucci  pre-brevettò l’invenzione di quello che lui chiamava “telettrofono” quando aveva ancora bisogno di test e perfezionamento. Allo scopo, si rivolse ad una società di telegrafia che, dopo essere entrata in possesso di tutta la documentazione, la “smarrì”. Scaduto il pre-brevetto di Meucci, dopo due anni un certo Graham Bell brevettò l’invenzione del telefono. La storia narra che la società telegrafica alla quale si era rivolto Meucci era la stessa società per la quale lavorava un consulente, Graham Bell, appunto. Meucci morì povero e senza nulla in mano.

Una storia un poco strana e che ha dello sconcertante, riguarda l’inventore della lampadina. Probabilmente viene subito in mente Edison, che brevettò l’invenzione della lampadina di lunga durata, ma pochi sanno che il primo a sperimentarla era stato un certo Joseph Wilson Swan, che si stupì con sdegno nell’apprendere che Edison, nel brevettare l’invenzione, aveva accluso disegni praticamente sovrapponibili a quelli da lui elaborati precedentemente. Oggi si riconosce a Edison la capacità imprenditoriale dell’invenzione, sapendo che i meriti storici, quelli di laboratorio sperimentale, andrebbero a Swan. Ma queste sono solo considerazioni a posteriori. La popolarità resta tutta, e solo, di Edison, lasciando Swan nel dimenticatoio, immeritatamente.

L’elenco dei grandi inventori e degli scienziati che non hanno goduto della giusta fama è lungo. Potremmo raccontare la storia di Gustave Whitehead, ad esempio, o quella di Edwin Howard Armstrong. Il primo è l’inventore effettivo dell’aereo. I riscontri storici raccontano che Gustave aveva lavorato, riuscendoci, ad una macchina volante prima dei fratelli Wright. La gloria, però, è andata a quest’ultimi. Armstrong inventò la modulazione di frequenza, ovvero la radio FM, usatissima ancora oggi. Come andò? Armstrong morì suicida e povero perché non riuscì ad ottenere la paternità dell’invenzione che venne riconosciuta dopo la sua morte, grazie alla moglie che si impegnò legalmente per ottenerla. Abbiamo omesso, per esigenza di brevità, molte altre storie significative, tra quelle conosciute e raccontate da siti come l’americano Mashable, ma viene da supporre che altri nomi sono rimasti del tutto sepolti. Ed è un aspetto che rattrista e fa riflettere.

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