Addio a Catherine Spaak: una donna di grande eleganza, talento e dignità

(foto dal web)

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

In una intervista aveva dichiarato che apprezzava moltissimo Audrey Hepburn, per quei profondi occhi da cerbiatta, per la sua insuperabile classe ed eleganza. E naturalmente per la bravura di interprete, un’attrice come poche. E lei, Catherine Spaak, francese di origine ma italiana per scelta, per classe ed eleganza di certo non è stata da meno. Il suo garbo, lo stile sussurrato, non invadente, hanno un valore aggiunto se si considera che la Spaak è stata un’icona della donna libera, determinata, innovativa e, in gioventù, spregiudicata, almeno nell’immaginario collettivo. Quella spregiudicatezza che negli anni ’60 sembrava un mondo “altro”, dirompente e prorompente, accompagnata da una bellezza conturbante e da un indiscutibile fascino, tipicamente francese.

Eppure, nel privato e nei rapporti interpersonali risultava timida, a tratti insicura, nutrendo un senso di solitudine. Un mix particolare, una personalità complessa che però custodiva in sé perché al pubblico ciò che passava era l’immagine di una donna simile ai personaggi dei suoi film. Credo sia doveroso distinguere fasi diverse, quella dell’attrice nei lungometraggi in bianco e nero, e quella della televisione. Quest’ultima metteva in risalto una Catherine matura, elegante nei modi oltre che nell’abbigliamento, abile conduttrice e amante delle tematiche, quelle della donna e le sue scelte, in un mondo che cambia, ma dove occorre saper destreggiare il timone delle proprie scelte.

Nella prima fase, Catherine è l’emblema di una ragazzina sbarazzina e audace, oltre che bellissima, in film come “Dolci inganni” di Alberto Lattuada, “Il sorpasso” di Dino Risi, “La voglia matta” di Luciano Salce. Sono forse i titoli più significativi, quelli che hanno determinato l’impronta d’attrice, senza dimenticare la sua partecipazione in “L’armata Brancaleone” di Mario Monicelli e “Adulterio all’italiana” di Pasquale Festa Campanile. Titoli importanti che fanno parte della storia della filmografia, di quella “commedia all’italiana” che ha contraddistinto la cinematografia nostrana nel mondo, segnando un’epoca e una scuola di grandi registi. La Spaak ne ha fatto parte pienamente ma ritengo che la vera Catherine sia quella che per anni abbiamo visto nel programma televisivo di Rai 3 “Harem”, che andò in onda dal 1988 fino al 2002. La Spaak ne è stata un’abile e armoniosa conduttrice ma anche autrice.

La formula era quella del talk show, con lei seduta su un divano a dialogare ogni volta con tre donne di riconosciuta fama. Si parlava di situazioni, attualità, aspetti personali, anche intimi. Quello che piaceva era lo stile, quel modo perbene ma non buonista, rispettoso ma non pudico, in un clima di complicità tra donne e con donne. Una novità, all’inizio, che è stata di stimolo per altre trasmissioni. Catherine portava con sé quell’infanzia non facilissima, pur in una famiglia benestante e in vista, con baratri d’affetto non ricevuto. È questo che la rendeva intimidita e solitaria da un lato, mentre dall’altro appariva determinata, libera e forte. Non si tirava indietro, affrontava situazioni e novità professionali con lo spirito di chi si mette in gioco, con lo sguardo smaliziato eppure con una grazia e una gentilezza che sorprendevano, che la rendevano unica.

Da non dimenticare l’esperienza come cantante, complice il matrimonio con Johnny Dorelli. A proposito di matrimoni, ebbe quattro mariti e due figli. Una femmina dal primo matrimonio, con l’attore Fabrizio Capucci, e un maschio con Dorelli. A proposito della figlia Sabrina, oggi attrice di teatro, il giudice, in occasione della separazione tra Catherine e Fabrizio, assegnò l’affidamento alla nonna paterna con la motivazione che la Spaak era di dubbia moralità, per via dei suoi film. Altri tempi, erano davvero altri tempi. Due anni fa era stata colpita da emorragia cerebrale, condizionandola in tutto. Eppure, diceva che non bisogna nascondere la condizione di malato, che occorre parlarne. E forse, è proprio in questa dignità la sintesi di Catherine. Si può essere liberi, spregiudicati, bravi, ma senza la dignità tutto evapora prima o poi. Ora che se ne è andata, ci rendiamo conto che personaggi così non è facile averne.

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