“Magiche metamorfosi”, la forza dell’amore nel romanzo di Alessandra De Angelis

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Ci sono libri che nel leggerli suscitano la sensazione di compiere un viaggio, un cammino metafisico tra l’onirico e il reale, con sentieri che si diramano e ricongiungono, accompagnandoci nell’interiorità, planando su misticismo e razionalità, speranze e propositi. Sentieri che impariamo a riconoscere perché, in qualche modo, appartengono al vissuto e all’antropologia di ciascuno di noi. Un po’ come, inaspettatamente e sorprendentemente, ci coglie un déjà-vu, potente e quasi stordente, con la sua forza evocativa e spiritualmente esorcizzante che, se da un lato spazza via qualcosa, dall’altro apre ad universi paralleli, nel tentativo di indicare una via da percorrere, quella che finalmente interpreta e motiva, disvelando un ponte su un divenire di luce. Una nuova forza, qualcosa che coglie l’attimo e semina nuovi campi sapendo che ci sarà un raccolto, in questo caso di umanità, nutrito da un fertilizzante naturale e universale a costo sostenibile: l’Amore. Quello vero, incondizionato e raro. Stiamo parlando di “Magiche metamorfosi” (Capponi Editore), di Alessandra De Angelis, scrittrice di talento, marchigiana. La lettura del libro scorre piacevole e tutto ruota intorno a quel concetto cardine, la forza dell’amore, intesa come “ghianda” dell’Essere.

La storia è incentrata su una figura carismatica quanto sfortunata, Stella, architetto dalla forte personalità ed altamente creativa. Da tutti stimata ed apprezzata, con un avvenire potenzialmente gratificante se non fosse che Stella ha una vita breve per seri problemi di salute che vanno ad aggravarsi. Il libro, che ha in Stellina, nipote di Stella, la voce narrante, ne ripercorre l’umanità e la sensibilità, veicolando il suo insegnamento attraverso la struttura e l’inventiva narrativa che abilmente – cosa tutt’altro che semplice – sa serpeggiare tra passato e presente, fatti e intenzioni, filosofia e spiritualità, realtà e mitologia, vita personale dell’Io narrante e storie parallele, con personaggi di contorno ed altri che, appartenendo alla famiglia di origine di Stella, entrano nell’involucro, quasi una spirale a ritmo sostenuto, di rivelazioni e reinterpretazioni, di chiusure e nuove brillanti aperture perché, come spesso accade, nulla è come sembra quando si vuol capire, quando ci si confronta con sincerità ed amore.

Quando si cerca un percorso alla verità e al senso della vita. E il senso è tutto lì, nella testimonianza di Stella, nel suo saper amare anche nella sofferenza e nella difficoltà, nel suo dono, senza confini ed incertezze.  Come in un gioco di specchi e di rimbalzi dialettici, ecco che Stellina, nella sua determinazione a rendere onore alla zia scomparsa, cerca una via alla propria identità, una strada alla vocazione, che infine trova, esplorando, letteralmente, oltre ogni confine culturale, immergendosi nella verità delle relazioni – la propria madre, le amicizie, una storia sentimentale – e nello stupore della gravidanza, che, come trampolini di conoscenza, la proiettano in ipotesi esistenziali, oltre ciò che è noto, talvolta ardite e fascinose, tra richiami filosofici e influssi mitologici, ricerca spirituale ed umanistica, in un divenire tra sogno e realtà. Una chiave di lettura è in un termine inusuale e bellissimo, “divisare”, che cerca di coniugare il fare con il sognare, là, dove l’immaginazione ha la forza creatrice oltre che essere per sua natura creativa.

L’epilogo – che non svelo per lasciare al lettore la scoperta, nonché la sorpresa dirompente – ha una valenza carica di pathos, con la capacità di chiudere il cerchio, quel cerchio che simbolicamente è un infinito, non avendo né principio né fine, che tutto racchiude nella perfezione degli “istanti”. Merita un pensiero e una lode anche l’immagine di copertina, un’opera della comune amica Claudia Cundari, pittrice stimata, con una espressione artistica dalle profonde connotazioni intimistiche. L’immagine è un volto di donna, delicato e intenso, nel tipico stile dell’artista, che non si limita ad impreziosire il libro, ma entra nello spirito del testo, ne assorbe la vibrazione ritrasmettendola al lettore. Una figura angelica che quasi anticipa e catalizza il grande messaggio d’Amore che Alessandra vuole comunicare tramite i personaggi del romanzo. Una nota finale si rende doverosa. La stessa autrice, a conclusione del romanzo, svela che l’idea del libro è nata dal desiderio di rendere omaggio e ricordare la sorella scomparsa, Giovanna, l’architetto che aveva progettato il villaggio-scuola a Wolisso, in Etiopia e che, per carattere e personalità, ha ispirato il personaggio di Stella.

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