Homo Viator e Icaro, le riflessioni di alcuni insegnanti sulla didattica a distanza

di REDAZIONE –

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta a genitori e insegnanti pervenuta in redazione da parte di Milena Crescenzi, Roberto Andreucci e Daniela Urbinati del Centro studi Homo Viator e Centro studi Icaro. Di seguito riportiamo il testo:

«In coincidenza con l’inizio, l’espansione e la diffusione della pandemia, uno degli ambiti più colpiti è stato ed è ancora quello della scuola. Che dire? Indubbio è il riconoscimento che se non ci fossero stati i mezzi che abbiamo a disposizione oggi ci saremmo potuti trovare come durante i periodi di guerre o di calamità naturali dei decenni passati, dove, a seguito di questi eventi, tutte le lezioni vennero sospese e di fatto tutti gli studenti persero mesi, o addirittura anni di scuola. Eppure, non possiamo non sottolineare con forza il fatto che la Dad non sia minimamente paragonabile alle lezioni in presenza. La scuola non è solo istruzione ma innanzitutto un luogo educativo, che attraverso la necessaria collaborazione con le famiglie, dovrebbe avere a cuore certamente l’apprendimento e la formazione scolastica e professionale, ma anche la crescita e la maturazione umana degli alunni, supportandoli nelle loro difficoltà, accompagnandoli nelle varie fasi che possono emergere nel loro percorso scolastico e che certamente non possono essere considerate scindibili dalla loro vissuto e dalla loro umanità. Il bisogno, dunque, di quantificare quanto la Dad abbia supportato la possibilità di svolgere l’intero programma scolastico è parziale, sebbene importante.

La vera questione, crediamo, sia quanto noi adulti, genitori o insegnanti, ci siamo realmente interessati, interrogati su quello che anche questa modalità di didattica, unita alle restrizioni sociali che stiamo vivendo oramai da oltre un anno, abbia provocato e stia continuando a far emergere in un’intera generazione di bambini e ragazzi. Abbiamo toccato con mano il fatto che, per alcune famiglie, l’occasione è stata quella di prendere più consapevolezza del percorso scolastico del proprio figlio, delle sue caratteristiche tanto quanto delle sue difficoltà: un aspetto anche involontariamente forse troppo delegato alla scuola o a chi supporta lo studio nel pomeriggio.

La realtà della scuola, intesa come impegno primario dei nostri figli, è l’ambito dove più emerge la loro umanità fatta di gioia e di fatiche, di successi e di insuccessi, di accelerazioni o di blocchi, di bisogni e di riscatti. Aver preso consapevolezza del percorso scolastico dei nostri figli significa averli conosciuti meglio, averli incontrati più da vicino nel loro modo di essere…, significa essere stati risvegliati dai loro bisogni spesso, anche per motivi di tempo, inascoltati. Ma allo stesso modo non possiamo negare come questo periodo abbia fatto emergere delle grosse criticità.

Rimanere chiusi in casa, inizialmente, è stato per tutti loro e per tutti noi un momento a dir poco faticoso: “Davanti a quel pc mi sono sentito perso”, “io sono quasi impazzito perché non sono abituato a stare dentro casa”, “non ho preso sul serio la dad, non mi sono mai collegato, stavo dalla mattina ala notte a giocare alla playstation come se fossi «drogato», come se non potessi farne a meno”, “ho seguito la Dad attraverso il telefono stando dentro il letto”, “ho perso la voglia di studiare, mi interessa solo arrivare alla sufficienza”, …sono solo alcuni dei commenti che abbiamo raccolto da alcuni ragazzi che hanno frequentato la scuola superiore a San Benedetto del Tronto.

Sappiamo che proprio nella nostra Regione Marche, a causa delle troppe assenze durante il periodo della pandemia, è aumentata in maniera considerevole la percentuale dei ragazzi non ammessi alla classe successiva o all’esame di maturità. I cosiddetti “caduti” da Covid, in seguito a due anni di Dad che ha provocato stanchezza psicologica, demotivazione, abbandono scolastico, ci sono stati ovunque. Come non accorgerci poi di come nel tempo bambini e ragazzi, anche in mancanza di un ritrovo come la scuola, hanno trasferito buona parte della loro socialità sul web, attraverso social network e piattaforme di messaggistica istantanea? E senza dover arrivare a citare la ormai nota “sindrome della capanna” (ossia la paura di uscire e lasciare la propria casa, il luogo che per mesi ci ha fatto sentire al sicuro, al riparo da qualsiasi pericoloso agente esterno), non possiamo non accorgerci di come semplicemente anche tra i bambini e i più giovani stiano emergendo, anche in conseguenza a questo momento, importanti difficoltà relazionali e fatica a gestire la quotidianità.

Di fronte a tutto questo ci è sembrato veramente fuori luogo constatare con mano nella nostra esperienza di lavoro quotidiano, nelle nostre due sedi a San Benedetto del Tronto e ad Ancona, quello che poi, attraverso un’indagine effettua da Skuola.net e pubblicata da Tgcom24, è diventato di dominio pubblico: nelle ultime settimane di maggio molti insegnanti si sono concentrati per recuperare compiti in classe e interrogazioni lasciate indietro a causa della Dad, mettendo in questo modo in seria difficoltà i ragazzi che stanno adesso affrontando l’esame di stato. Abbiamo verificato anche noi la crisi di ragazzi di terza media e quinto superiore di fronte alle richieste della fine dell’anno scolastico, in cui nella maggior parte dei casi, i necessari chiarimenti per la stesura dell’elaborato finale o le indicazioni alla preparazione al maxi-orale sono stati lasciati ad un tempo insufficiente.

Abbiamo assistito personalmente al fatto che c’è stata in molti casi una grande confusione iniziale nel chiarire quale dovesse essere il formato e la lunghezza dell’elaborato (la lunghezza, da parte di alcuni insegnanti, è stata chiarita in termini di numero di battute addirittura a due giorni dalla necessaria consegna); ci siamo accorti di come, in alcune scuole, gli elaborati dovessero rispondere a richieste standardizzate dall’Istituto (senza tener conto delle reali capacità o difficoltà del ragazzo che avrebbe dovuto svolgerlo, e del suo reale percorso effettuato nel corso degli anni), il tutto in un tempo veramente inadeguato; ci è capitato di vedere anche che la comunicazione del tema generale dell’elaborato (avvenuta in alcuni casi a distanza solo di un mese dalla consegna ufficiale) fosse avvenuta in maniera orale e informale e quindi di non facile decifrazione per alcuni studenti; non per ultimo abbiamo assistito al fatto che, per alcuni di loro, ogni argomento di ogni singola materia doveva essere consegnato all’insegnante e nel caso modificato prima di essere approvato…, un tira e molla che con alcuni insegnanti è andato avanti fino alla prossimità della scadenza. Insomma, abbiamo raccolto il disorientamento, la stanchezza e anche la voglia di mollare dei ragazzi in un anno già di per sé così provato.

L’aver voluto scrivere questa lettera non è un modo per puntare il dito contro qualcuno, semmai per sollevare l’attenzione di fronte ad una realtà così nuova e inaspettata. Nella certezza che l’alleanza educativa scuola- famiglia, supportata da chi, come noi, si adopera con passione per essere una compagnia allo studio, e si mobilita ogni giorno per contrastare la povertà educativa, non debba mai venire meno. Il compito di ciascun soggetto educante è quello di accogliere ed accompagnare i bambini e i ragazzi nel loro percorso didattico e formativo valorizzando ogni capacità ed inclinazione personale, con l’obiettivo di accrescere il desiderio d’imparare e la motivazione ad apprendere di ciascun studente. Senza mai dimenticare che “anima dell’educazione, come dell’intera vita, può essere solo una speranza affidabile”. Contro l’abbandono scolastico si possono sostenere le nostre iniziative partecipando alla raccolta fondi “Adotta uno studente”».

Milena Crescenzi, Roberto Andreucci e Daniela Urbinati
Centro studi Homo Viator e Centro studi Icaro

Copyright©2021 Il Graffio, riproduzione riservata