Santa Maria della Petrella, un gioiello di arte votiva

Chiesa di Santa Maria della Petrella, Ripatransone

di AMERICO MARCONI –

Sulla strada che da Grottammare sale verso Ripatransone, dopo otto chilometri sulla destra, c’è la piccola, preziosa, chiesetta rurale di Santa Maria della Petrella. Davanti al sagrato potremo parcheggiare con ordine e discrezione. Scesi dall’auto la vista spazierà verso sud sulla vallata del fiume Tesino e verso est sul mare. La troveremo chiusa e visitarla non sarà facile, ma informandosi potremo avere la fortuna di ammirarne l’incredibile interno. Sopra il portale spicca lo stemma del Reverendo Capitolo Lateranense.

Da quello stemma inizia la storia della chiesina, lunga circa nove metri e larga tre metri e mezzo. Correva l’anno 1399 quando fu deciso di fare una raccolta per edificarla. Nel 1400 fu stilato un solenne atto notarile in cui la comunità ripana donava al Capitolo di San Giovanni in Laterano il luogo denominano Monte Calvello. Per edificare, instaurare, istruiendi et costruendi ecclesiam, con l’elemosina raccolta tra la popolazione che in quell’anno invocava “pace e misericordia”. Vivendo una terribile pestilenza che, tra il 1399 e il 1400, aveva ucciso nel Piceno circa diecimila persone.

All’interno mostra sulle pareti di destra e sinistra affreschi di pittori diversi che nell’arco del secolo XV, rappresentarono Madonne con Bambino, Angeli, Santi e Sante, Crocefissioni. Disposti su due ordini sovrapposti, inferiori e superiori, e tutti dedicati alla Madonna, fonte perenne di grazia. Salterà all’occhio la presenza di ben tre affreschi raffiguranti la Madonna del Latte. La prima sulla parete destra, in alto, vicina all’altare è la più originale ed è l’unica a stare seduta. Gesù tiene con la manina destra un seno di Maria da cui succhia il latte e nella mano sinistra stringe una piccola palla. Ed è quella che raccolse il maggiore fervore popolare perché risale al 1403, opera di Don Antonio Nicolò il giovane. Autore tra l’altro della maggior parte degli affreschi di migliore qualità.

La presenza di tre Madonne del Latte ci riporta all’usanza da parte delle puerpere di umili origini, prive di latte per i figli neonati, di pregare l’immagine. La pratica devozionale stabiliva, se c’erano le capacità fisiche, di partire a piedi da Santa Maria della Petrella e scendere alla Chiesa di San Martino a Grottammare. Dove ci si raccoglieva davanti a un’altra Madonna del Latte, sul primo pilastro a sinistra, del XIV secolo. Per poi elemosinare erbe e pane secco da sette famiglie nei dintorni. Pane che veniva bagnato e mangiato presso la Fonte del Latte che sgorgava ad est della Chiesa.

Tornando a Santa Maria della Petrella da notare infine la presenza, sempre nella parete destra verso l’uscita, di sigilli che tracciano una forma di croce. E tra questi sigilli c’è il nome di Antonius Nicolai juvenis sub anno Domini M CCCC III (1403). L’autore volle firmare, più di sei secoli fa, quello che riteneva essere il suo capolavoro. Intorno si notano altre incisioni di pellegrini che sempre iniziano con Hic fuit… (qui fu). Firme che testimoniano la fede che traversò i secoli tesa verso un miracolo d’amore. In fondo gioiello e miracolo d’amore è, e resterà sempre, la chiesina di Santa Maria della Petrella.

Copyright©2021 Il Graffio, riproduzione riservata