Intervista al dott.Luca Massimi, neurochirurgo sambenedettese nell’équipe del Gemelli di Roma

di ROSITA SPINOZZI –

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Ci sono notizie che fanno bene al cuore e portano una luce di speranza in un periodo assai difficile come quello che stiamo vivendo. Notizie che aprono nuove frontiere nel mondo della sanità e, soprattutto, sulla bravura di una équipe di medici del Policlinico Gemelli di Roma che è stata in grado di compiere un autentico miracolo permettendo ad un bambino di nascere sano tramite un’intervento neurochirurgico di correzione della spina bifida in utero effettuato alla 26esima settimana di gravidanza. In altre parole, quando il piccolo era ancora nella pancia della mamma. Si tratta della prima équipe italiana ad avere effettuato un intervento analogo, con un “precedente” a Milano e, vista l’eccezionalità del caso, i media hanno giustamente tributato grande attenzione all’intervento di open surgery che il 4 agosto ha visto i medici del Gemelli di Roma operare il piccolo Tommaso. Tra di loro il dott.Luca Massimi, neurochirurgo sambenedettese, che lavora al Policlinico da sedici anni e vive a Roma circondato dall’affetto della moglie Clara e della figlia Livia. Il dott.Massimi, figlio della professoressa Livia Lupidi e di Giuseppe Massimi, ci ha concesso una intervista in cui oltre alla sua grande professionalità, si evincono anche la cortesia, la sensibilità e l’umiltà che da sempre hanno fatto parte del suo modo di essere. Perché quello che ha più importanza per il dott.Massimi non sono gli onori della cronaca strettamente legati alla sua persona, ma la possibilità di far veicolare un messaggio importante legato ai passi da gigante raggiunti dalla sanità in Italia. L’intervista che seguirà è un nostro omaggio al suo talento. Parole scritte con l’orgoglio di chi, come me, ha il privilegio di avere un cugino come Luca che svolge ogni giorno una missione di vitale importanza.

Dott.Massimi, la scelta di diventare medico è un fatto singolare in famiglia…

Effettivamente sì, non ci sono medici in famiglia e questa mia scelta ha sorpreso un po’ tutti. Nasce da una passione per la medicina e l’interesse per le scienze neurologiche. Dopo la laurea all’Università Cattolica Sacro Cuore di Roma ho conseguito la specializzazione al Policlinico Gemelli e subito sono entrato nel settore della neurochirurgia nel quale opero ormai da sedici anni. Un ringraziamento speciale va a tutti i maestri che mi hanno formato nel corso degli anni, in particolare i prof. Concezio Di Rocco e Massimo Caldarelli.

L’intervento del piccolo Tommaso è davvero singolare, visto che gli era stato diagnosticato un difetto del tubo neurale alla ventesima settimana di gravidanza. Questo disturbo, se non operato subito, avrebbe potuto condizionare il suo futuro?

Di solito l’operazione viene effettuata una volta nato il bambino: è efficace ma non previene i danni che possono instaurarsi durante la gravidanza. Abbiamo quindi eseguito la stessa procedura neurochirurgica ma in utero, quindi riparato il mielo-meningocele, cioè la ricostruzione del midollo che, in questi casi, è aperto e malformato. Lo abbiamo quindi riallocato nel canale spinale per poi effettuare la ricostruzione del piano meningeo e della cute. Questa procedura ha permesso al piccolo Tommaso di avere il suo midollo protetto già nella vita in utero. Il bambino è nato alla 35esima settimana, il 7 agosto, con un taglio cesareo: è sano e sta bene.

Con quale stato d’animo ha affrontato l’operazione di Tommaso?

Ho riflettuto molto su questo aspetto, perché non è un intervento che si può di certo improvvisare in quanto vengono operate contemporaneamente due persone. Con l’équipe del Gemelli nell’estate del 2018 ho effettuato un training all’Università Paulista di San Paolo in Brasile, considerato il centro di riferimento mondiale per questi interventi, con il prof. Sérgio Cavalheiro (neurochirurgo) e il prof. Antonio Fernandes Moron (ostetrico del dipartimento di medicina fetale). Pertanto eravamo consapevoli e preparati, anche se il timore c’è stato, come pure il peso della grande responsabilità delle nostre azioni. Ho operato con un’équipe preparatissima, ostetrico, anestesista, personale di sala operatoria: eravamo tranquilli e abbiamo trasmesso tranquillità ai genitori di Tommaso, perché era importante che fossero sereni. L’intervento è durato complessivamente due ore e mezza, la parte neurochirurgica 45 minuti. L’emozione della coppia è stata grande, le loro prime parole: «Il nostro bambino è nato due volte». Ed è così che la velata apprensione che ha preceduto l’intervento si è subito dissolta lasciando spazio alla gioia che ha pervaso tutti noi. Tommaso è davvero un bel bambino al quale auguriamo tanta salute e serenità.

Onore al merito, dunque, a lei e all’équipe del Gemelli…

Certamente, un plauso all’équipe completa della Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS, che oltre al sottoscritto, era composta dal dott. Marco De Santis, dott.ssa Lucia Masini e prof. Antonio Lanzone (ginecologia e ostetricia), prof. Gianpiero Tamburrini, dott. Paolo Frassanito e dott. Federico Bianchi (neurochirurgia pediatrica), dott. Stefano Catarci e dott. Gaetano Draisci (anestesia), tutto il personale della sala operatoria e del reparto di ostetricia, dott.ssa Claudia Rendeli (pediatria), dott.ssa Anna Maria Serio (psicologia), prof. Gianni Vento e collaboratori (neonatologia), prof. Riccardo Manfredi (radiologia), prof. Antonio Spagnolo, prof. Dario Sacchini e dott.ssa Barbara Corsano (bioetica), prof. Eugenio Mercuri (neuropsichiatria infantile).

Dott.Massimi, come ha vissuto l’impatto con i media?

L’ho trovato benefico in senso generale per la sanità italiana e mondiale che, in questo momento, è sotto scacco per la pandemia. Sono tempi difficili, da un punto di vista sanitario ed emotivo, pertanto avere notizie buone è un’inizione di fiducia per tutti, apre lo spettro di questa malattia della schiena bifida che ha colpito Tommaso. Le persone di solito vanno all’estero per sottoporsi a questo tipo di intervento, soprattutto in Svizzera. Adesso esiste un’alternativa per le famiglie, e questa alternativa si trova in Italia.

Inevitabile chiederle un parere sulla sanità a San Benedetto, sua città natale. Come vive la vicenda delle “battaglie politiche” relative il Madonna del Soccorso?

Vivo e trascorro la maggior parte del mio tempo a Roma, quindi non ho una visione globale e approfondita della sanità sambenedettese. In sintesi, so poco e per sentito dire. Riguardo i problemi relativi il Madonna del Soccorso, confido vivamente nel buon senso e  in una fase di miglioramento. Penso che il presidio ospedaliero vada assolutamente mantenuto, preservato. In caso contrario sarebbe un impoverimento per la città.

Coronavirus, qual è il giusto approccio con questo nemico “invisibile” che continua a mietere vittime?

In qualità di medico vorrei dire che è bene avere un approccio epidemiologico e, come tale, dobbiamo stare tutti attenti a quello che si fa. Il vaccino è ancora in fieri, lontano. Paradossalmente le cure sono più efficaci nei confronti dei malati gravi rispetto alle persone colpite in forma più leggera. Il Covid è un virus che ancora non conosciamo e bisogna cercare di arginare la pandemia anche con il buon senso. L’andamento della situazione ora dipende soprattutto dal comportamento delle persone, più che dei medici che, a loro volta, possono anche diventare pazienti. Il pericolo esiste per tutti. Massima attenzione, dunque, e mai abbassare la guardia. Le cure sono migliorate, fanno progressi, ma siamo ancora lontani dalla soluzione.

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