Premio Strega, in viaggio verso la finale. “Febbre” di Jonathan Bazzi

di ELIANA NARCISI (ELIANA ENNE) –

Due sono i protagonisti di questo romanzo: Rozzano, il paese in cui l’autore ha trascorso negli anni Novanta l’infanzia e l’adolescenza, e la febbre comparsa improvvisamente un lunedì a gennaio 2016 e mai più andata via. Rozzano, nato come quartiere dormitorio per gli operai venuti dal Sud e divenuto negli anni il Bronx del Nord. Tossici, spacciatori, delinquenti, gente seguita dagli assistenti sociali, puoi trovarci di tutto, persino dal fiume che lo attraversa può emergere una rana come pure un cadavere. Crescere in un posto del genere vuol dire per Jonathan portarne i segni per sempre, anche quando maggiorenne riesce a trasferirsi in pieno centro a Milano. Oggi ha trent’anni e da quattro convive con una diagnosi di sieropositività, una bomba a orologeria che lo spinge a tirare un bilancio della sua sia pur giovane esistenza.

Un romanzo autobiografico che è un dialogo a cuore aperto con il lettore, il cui filo conduttore è un dolore strisciante che accompagna l’autore fin da quando è nato e che lui si convince di meritare. Un’infanzia trascorsa fra mille difficoltà economiche, una mamma giovanissima costretta a lavorare fino a tardi e un padre assente che però suonava insieme a Biagio Antonacci. La maggior parte del tempo Jonathan lo passa coi nonni, ma anche qui lo schema si ripete: la nonna come la mamma è una donna sottomessa, chiusa in casa da un uomo autoritario incapace di manifestare affetto. E poi l’aria soffocante di Rozzano sempre addosso, lo squallore delle case popolari e i pazzi come Gurgone il frate, o la bionda del bus 15.

Ma i pazzi non fanno paura, non quanta ne fa la gente spaventosa affacciata al balconi come Carmelo il pappone, o come i ragazzi che bullizzano Jonathan a scuola perché è gracile e balbetta, o che lo picchiano per strada perché ha le scarpe da ginnastica come le Spice girls. Una violenza contro cui non è mai riuscito a reagire neppure oggi che è adulto e vive in centro a Milano. Insegna yoga ma è sottopagato, precario quando non anche in nero, costretto a sommare palestre, circoli, scuole, club, tutto pur di arrivare alla fine del mese. Convive con Marius, ne è innamorato e spera che l’amore possa difenderlo, proteggerlo, perché dall’amore non può venire niente di male. E invece arriva la malattia a scombinare un’altra volta le carte e a riportare sulla pelle i segni di quel destino di dolore che Jonathan aveva già conosciuto a Rozzano.

Un esordio letterario che è stato definito il caso dell’anno e che presto diventerà un film, un racconto autentico e coraggioso. I primi turbamenti da ragazzino, quel sentirsi sempre fuori posto, la paura degli altri, la ricerca di una propria identità, il bisogno di essere ascoltati, aiutati, amati: l’autore dialoga con il lettore in una maniera talmente intensa e profonda che il dialogo continua anche quando si chiude il libro. Da leggere assolutamente.

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