Tra fiabe e leggende nel Piceno: Maddalena, vita da strega

di VITTORIO CAMACCI –

Maddalena nacque a Valenterio un sobborgo di Faete nel 1630, in una famiglia patriarcale di possidenti terrieri, proprietari di immensi boschi di castagno. Ella possedeva sin da giovinetta una bellezza eterea, era di forme aggraziate, aveva un carattere cordiale ed un portamento elegante. Aveva ereditato queste caratteristiche dalle donne della sua stirpe, trasferite per ordine genetico ogni due generazioni, così erano state sua nonna, la sua trisnonna e via via all’indietro fino alla notte dei tempi. Per sua sfortuna crebbe in un’ epoca buia , in un paese bigotto dove tra la gente girava la voce che Maddalena non poteva essere una ragazza comune, perché era troppo bella, e da quando sulla sua spalla sinistra le era comparsa una strana voglia a forma di mezzaluna, tutti cominciarono a credere che fosse una strega. Ella non si curava troppo delle chiacchiere di paese, dei corteggiamenti dei giovani, preferiva filare e ricamare riuscendo a tessere un intero corredo nel giro di pochissimi giorni. Sua nonna gli aveva tramandato anche l’ arte di preparare tisane miracolose che riuscivano a guarire malattie pressoché incurabili a quell’ epoca. Ma ciò che le piaceva di più era accudire gli animali domestici, sapeva coccolarli, e se si ammalavano sapeva curarli con impiastri, beveroni e filastrocche arcane, incomprensibili.

La cosa che incuriosiva maggiormente i compaesani, era che ogni giorno, alla stessa ora, precisamente a mezzanotte, Maddalena usciva, di soppiatto, di casa per avviarsi nella profondità dei boschi che circondavano il suo paesino. Purtroppo, un giorno, le altre ragazze invidiose delle sue abilità e soprattutto della sua particolare bellezza, volendo scoprire se ella era veramente una strega, la seguirono ed arrivate al limitare di una radura, con al centro un grande castagno secolare, la videro cantare e ballare da sola, forsennatamente. Ormai certe che Maddalena fosse una strega, corsero al villaggio per avvisare gli altri della loro scoperta. I giorni successivi, esse si ammalarono di una strana febbre, ed una ad una si spensero, morendo di un male perfido ed incurabile. Tutti dissero che ciò era avvenuto sicuramente per mano di Maddalena , colpevole di aver scagliato contro esse un terribile maleficio. Tutto il paese si allarmò ed una delegazione guidata dal parroco riferì l’accaduto al vescovo di Ascoli.

Il giorno seguente egli mandò a Valenterio un frate inquisitore ed alcune guardie armate, ad essi si aggiunse tutto il paese armato di forconi, asce e zappe. Il gruppo circondò la casa di Maddalena, la presero con forza e la portarono suo malgrado nella piazza di Arquata. Passando sotto porta Sant’Agata, un nugolo di corvi aggredì la comitiva e solo allora la ragazza tentò di divincolarsi lanciando calci e manate, come se avesse ricevuto tale ordine da una forza oscura ed invisibile. Malgrado tutto, riuscirono a portarla nella piazza di Arquata, proprio di fronte la Torre Civica, la legarono ad un palo, sopra un mucchio di fascine ed il frate cominciò ad accusarla di stregoneria di fronte ad un tribunale inquisitorio composto da alti prelati e notabili. Siccome il processo tirava per le lunghe, la popolazione piena di superstizione e preoccupata del fatto che la ragazza potesse essere assolta, decise di chiudere la cosa sommariamente, appiccando il fuoco prematuramente. Mentre il corpo di Maddalena bruciava, tra un fumo acre ed atroci sofferenze, c’era chi lanciava un sospiro di sollievo perché con la sua morte vedeva svanire orribili premonizioni. Addirittura, qualcuno parve notare, tra le fiamme ed il fumo, il volto della ragazza prima sofferente, poi con in bocca un sorriso maligno e lo sguardo penetrante che fissava i presenti.

Successivamente il suo corpo parve svanire nel nulla assieme al fumo fuligginoso dell’orrendo falò. Poco tempo dopo una grande frana seppellì l’intero abitato di Valenterio che scomparve per sempre lasciando solo poche rovine a testimonianza della sua sventurata disgrazia. Da quel giorno tutti sostennero che Maddalena tornasse ogni anno, nello stesso giorno della sua esecuzione, sotto le sembianze di una gatta nera che girovagava nei boschi, le stradine e le campagne tra Faete ed Arquata in cerca della sua casa e se qualche sfortunato malcapitato, suo malgrado, si fosse azzardato ad incrociare i suoi occhi color fuoco, lei lo avrebbe sicuramente colpito con un suo maleficio, rendendolo stregato per sempre. «Eppure arriverà un giorno in cui le mie qualità non saranno perseguitate, ma celebrate. Quel giorno sarò orgogliosa di essere stata nel giusto e non vi perseguiterò più».

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