Salviamo il pianeta, la contestazione dei giovani

di ALCEO LUCIDI –

RUBRICA “DRITTO E ROVESCIO”

Sembra di essere tornati alle festose, variopinte, debordanti manifestazioni per i diritti civili e politici del Sessantotto in un società ferma e sclerotizzata che aveva elevato a dogma il conservatorismo e la tutela dell’interesse personale contrapposto al bene pubblico. Certo, non siamo in quella temperie che era frutto di uno sforzo collettivo e che vedeva congiunte le varie forze di una società in ebollizione (sindacati, associazioni di categoria, studenti, intellettuali, classe operaia), eppure, sotto qualche aspetto, la ferma presa di posizione dei ragazzi di tutto il mondo venerdì scorso sui problemi del clima e dell’ambiente ha in sé un proposito di contestazione che va al di là del semplice annuncio, dello slogan, dell’operazione di marketing.

Si può tranquillamente obiettare che la protesta, partita nell’agosto dello scorso anno, per iniziativa di una giovane attivista ambientalista svedese, Greta Thunberg, sia il frutto di una strategia ben più ampia orchestrata da un guru della comunicazione svedese come Ingmar Rentzhog in vista del lancio della sua start-up o, addirittura, di una manovra nascosta della madre di Greta, Malena Ernman, cantante in cerca di notorietà per il lancio del suo ultimo libro – come più di un commentatore ha voluto vedere –, eppure il gesto insistito, caparbio della ragazzina che, dall’estate scorsa inneggia, ogni venerdì, al cambiamento con il suo bravo cartello “Skolstrejk för klimatet” (sciopero scolastico per il clima) di fronte al Parlamento svedese, ha in sé i semi di una svolta nella percezione del problema dei problemi.

Ora, proporla per il Nobel della Pace – come prospettato da tre parlamentari del suo Paese – potrebbe oggettivamente palesarsi come un’esagerazione – questo sì uno sfruttamento della sua immagine (semmai andrebbe dato a tutti i giovani che concorreranno, da qui in avanti, a smuovere le acque delle lente diplomazie e delle bizantine leadership mondiali) – ma nulla e nessuno potrà negare la portata dell’emergenza, le enormi sfide che la questione della tutela dell’ambiente e della natura ci pone davanti. Le giovani generazioni, in effetti, hanno diritto a vivere in un mondo dallo sviluppo economico ed industriale sostenibile e non intendono essere deprivate di una parte importante del loro futuro.

Dopo ventiquattro Conferenze mondiali sul clima fallimentari (la prima a Kyoto del 1997, con un Trattato che dettò dei limiti alle emissioni di sostanze nocive, non vincolanti e quindi mai rispettati, una delle ultime – quella di Parigi – del 2015 che rimarcò la distanza, quasi inconciliabile, tra l’Occidente, chiuso nel mantenimento dei propri privilegi consumistici, anche se più cosciente del degrado e le nazioni in via di sviluppo strettamente dipendenti dal consumo di combustibili fossili, come il carbone) è giusto che ci si fermi ad interrogarsi sui rischi che corre il nostro Pianeta se non si interverrà con politiche attive che disciplinino anche le abitudini scorrette dei singoli.

Se gli Stati con i loro tentennamenti, disaccordi, non-decisioni esprimono tutta l’avvilente impotenza delle organizzazioni internazionali e delle Convenzioni, spesso ridotte a mere esercitazioni di architettura giuridica, è giusto che i giovani, non solo Greta, ma anche Atlas in Turchia, i tanti “arrabbiati” del mondo (tra cui anche i ragazzi italiani presenti venerdì 15 marzo in pressoché tutti i grandi centri della Penisola in occasione del big day del Climate Strike) si facciano portavoce di una rivendicazione sacrosanta, avocando il diritto ad una vita dignitosa.

Il termine “antropocene”, coniato dall’antropologo americano Eugene Stoermer negli anni Ottanta e poi ripreso da Paul J. Crutzen (premio Nobel per la Chimica nel 1995) nel libro Benvenuti nell’Antoprocene, indica in effetti una nuova èra geologica contrassegnata dall’inquinamento ambientale ed il riscaldamento climatico. Il vero colpevole di tale catastrofe – la maggiore sfida che mai l’umanità abbia ingaggiato – è sicuramente l’uomo.

Ad oggi il consumo indiscriminato di energie non rinnovabili o idrocarburi, ad esempio, ha provocato, a fronte di tante dichiarazioni di intenti cadute nel vuoto, un innalzamento della temperatura del globo di 0,8 gradi ed un processo crescente di desertificazione di alcune regione della Terra. Non solo, ma anche i singoli individui, con i loro comportamenti non consapevoli volti all’eccesso, agli spechi (nei consumi di acqua, di elettricità, di gas), al drenaggio, sempre più smodato, delle risorse naturali, rischiano di causare dei danni irreparabili. Siamo tutti in gioco. É in gioco la nostra salute e salvezza. Ancora di più, quella dei nostri figli che si rivoltano – era ora! – alle nostre inerzie e rinunce.


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