Ermal Meta, il concerto al porto e quella volta che parlammo al Jonathan

di ROSITA SPINOZZI-

SAN BENEDETTO DEL TRONTO – Una folla festante con tanto di cuori in mano ha accolto ieri sera, lunedì 27 agosto al porto turistico di San Benedetto del Tronto, il cantante albanese Ermal Meta per l’attesa tappa marchigiana del Tour “Non abbiamo armi-Live”, posticipata di un giorno a causa del maltempo. Il concerto è volutamente iniziato con un’abbondante mezz’ora di ritardo rispetto all’orario stabilito, poiché il cantante ha voluto favorire l’arrivo dei fans provenienti dai Comuni limitrofi, rimasti bloccati nel traffico dell’A14 per i lavori di ripristino in corso nella galleria “Castello” di Grottammare, dopo il grave incendio del tir avvenuto il 23 agosto. Nonostante l’allarme meteo, l’aria pungente della serata e il disagio alla circolazione, il concerto ha avuto uno straordinario successo di pubblico baciato da circa duemila presenze e tripudio di applausi per un artista di talento la cui carriera sta decollando in maniera irrefrenabile. I fans, infatti, hanno “colonizzato” l’area portuale fin dal primo pomeriggio: non solo giovani, ma anche persone adulte, molte delle quali stanno seguendo le varie tappe del tour di Ermal Meta, vincitore insieme a Fabrizio Moro del Festival di Sanremo 2018, con il brano “Non mi avete fatto niente”. Un brano che ha eseguito durante il concerto sambenedettese, applauditissimo insieme a “Vietato morire” (terzo posto a Sanremo 2017),  “Dall’Alba al Tramonto”, “Io mi innamoro ancora”, “Amore alcolico”  e tanti altri ancora. Tra cuori sventolanti, striscioni di benvenuto e flash dei cellulari, il cantante ha ricevuto tutto l’affetto del pubblico che ha dimostrato di conoscere ogni parola delle sue canzoni, “accompagnandolo” nei cori.

Non ci sono dubbi, il 2018 è l’anno di Ermal Meta che, dopo i trionfi al Teatro Ariston, ha conquistato non solo un pubblico sempre più numeroso ma anche le orecchie dei più “temibili” critici musicali, ha rappresentato con il collega Moro l’Italia all’Eurovision Song Contest (Lisbona), ed ha preso parte al lodevole progetto di “RisorgiMarche” nella data di Amandola. Queste solo alcune delle sue “tappe”. Da un punto di vista personale, ho avuto modo di intervistare Ermal Meta il 4 agosto 2011, in occasione del concerto al Jonathan Disco Beach di San Benedetto, quando lui era ancora il leader della band pop-rock “La fame di Camilla”, nata a Bari nel 2007. Mi colpì il fatto che, oltre a parlare perfettamente la lingua italiana, Meta se la cavava persino con il dialetto barese. Non volle rivelare le origini del bizzarro nome della band, lasciando però intendere chiaramente che la musica è un’esigenza forte come la fame perchè nutre corpo e anima. Parlammo anche del Festival di Sanremo, che non lo faceva impazzire ma considerava in assoluto la più grande vetrina esistente in Italia. Disse che era impossibile “svecchiarlo” e che “La fame di Camilla” aveva partecipato per farsi conoscere al grande pubblico e, in questo senso, lo scopo era stato raggiunto perchè tre minuti e mezzo su quel palco valgono più di un anno in giro a fare promozione. E aveva pienamente ragione. Si congedò dicendo che «É difficile in Italia fare dei propri sogni un lavoro. Ma se ci credi devi farlo fino in fondo, perchè non sei tu che scegli la musica e l’arte, sono loro che scelgono te. La musica per me è la risposta a tutto, io non vivo di altro: preferisco un pasto in meno ma una canzone in più». Lo salutai dicendogli che, a mio avviso, ce l’avrebbe fatta a “placare ogni fame”. E che magari lo avrei rivisto su un palco più grande. Avevo ragione.

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