La rosa, perenne regina di bellezza

di AMERICO MARCONI –

Da sempre la rosa è il fiore più bello e amato. E maggio è il mese delle rose che fioriscono dovunque: in campagna, nelle aiuole dei giardini, in grossi vasi. Narrare della rosa è parlare di Afrodite/Venere. La dea nacque sul mare in un’enorme conchiglia e approdò all’isola di Cipro. Quando giunse sulla terra ferma dove poggiava i piedi spuntavano fiori di rosa bianca. Non poteva che essere così: dalla dea della bellezza non poteva che nascere il fiore più bello. Venere suscitava nel cuore degli uomini e degli dèi, come nel suo stesso cuore, attrazione e amore. Moglie dello zoppo Vulcano, il dio che forgiava le armi nel fuoco, era amante di Marte e s’innamorò del bellissimo Adone. Appena Marte lo seppe, in preda alla gelosia, lanciò contro Adone un cinghiale inferocito che lo ferì mortalmente. Venere nella fretta di raggiungere il giovane agonizzante si graffiò con una spina di rosa. Il cui fiore da bianco, tingendosi col sangue della dea, diventò rosso.

Il Cristianesimo impiegò tempo ad assorbire simbolicamente il fiore di rosa, troppo legato a divinità pagane. Non solo alla greco romana Afrodite/Venere ma anche alla babilonese Ishtar e all’egizia Iside. Nel passaggio la rosa bianca divenne simbolo di purezza e verginità, la rosa rossa di passione e sacrificio in riferimento soprattutto a Maria. Presto diventò il centro stesso di tutta la manifestazione sensibile del sacro nell’immagine della Rosa Mistica. A essa indica Dante nel canto XXX del Paradiso, nella Divina Commedia: “In forma dunque di candida rosa / mi si mostrava la milizia santa / che nel suo sangue Cristo fece sposa.”

Nel mese in cui fiorisce la rosa canta l’usignolo. La letteratura mistica araba, per prima, vide in questa corrispondenza l’espressione di un grandissimo e impossibile amore. L’usignolo gorgheggia notte e giorno, a volte fino a far scoppiare il suo piccolo cuore, alla bellezza e al profumo della rosa; come il cuore del mistico canta all’infinita bellezza di Dio. Eccoli nei versi di Farid al Din Attar, poeta Sufi del XII secolo: “Sommerso nel suo amore / non pensa alla propria vita, / pensa solo all’amore della rosa, / nulla vuole per sé se non la rosa. […] Che mai sarebbe anche una notte sola, / trascorsa in veglia lontana dall’amata?!”

L’Ottocento produsse una letteratura sul significato dei fiori. E la rosa ebbe la parte da regina. Se vestita di bianco è un cuore immacolato, di rosso l’amore forte e passionale, di giallo l’infedeltà, d’arancio la seduzione, di rosa la grazia ed eleganza, di blu la riservatezza. Un bocciolo è appropriato ad una fanciulla, una rosa sbocciata a donna matura. Ma un innamorato che rosa porterà all’amata? Meglio rossa non troppo schiusa, ad indicare che il suo amore è appassionato e crescerà nel tempo. Come fece Sigmund Freud, il fondatore della psicoanalisi, con la futura moglie Martha: dopo averla conosciuta le mandò ogni giorno una rosa rossa, fino a quando si unirono in matrimonio.

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