Il lungomare di San Benedetto del Tronto e la scultura che parla

di GIAMPIETRO DE ANGELIS –

Uno dei più sensibili e sfortunati  poeti italiani, Dino Campana, in un suo componimento letterario scrive: “Fabbricare, fabbricare, fabbricare/ preferisco il rumore del mare”. Siamo nel 1913 e sono i Canti Orfici. Campana, il Dino elettrico come lui stesso ironicamente si autodefinisce, a causa dei trattamenti di elettroshock ai quali veniva sottoposto, è stato poeta ispirato ed emarginato, inquieto e sognatore: nel mare la speranza, il risveglio, il riscatto di chi è costretto a un “fabbricare” disumano che allontana dalla relazione con se stesso e con la natura. Molti anni dopo, lo scultore e pittore Ugo Nespolo, piemontese, prende in considerazione quei versi, li riadatta, salvaguardando il senso, ed ecco i sette metri di acciaio con la scritta: “Lavorare, lavorare, lavorare, preferisco il rumore del mare”, con i tipici colori marini su una possente e solida struttura rossa. La scultura, posta all’inizio del bellissimo lungomare di San Benedetto del Tronto, è ben visibile e forse per questo divide l’opinione pubblica nel periodo dell’inaugurazione: quella frase, pur semplice nel suo significato filosofico dal sapore esistenzialista, a molti appare irriverente ed una parte della cittadinanza resta perplessa di fronte a tanta modernità di stile e forma tra le belle balaustre risalenti agli anni trenta del secolo scorso.

Ricordiamo che il lungomare, oggi lungo circa sei chilometri se consideriamo l’originale punto di partenza, la rotonda Giorgini, e la rotonda Salvo D’Acquisto a Porto d’Ascoli, come parte conclusiva, è stato inaugurato nel 1932 e la progettazione, affidata all’ingegner Luigi Onorati, risale all’anno precedente. Il progetto riguardava la parte iniziale, l’area che oggi comprende l’elegante fontana attuale e viale Buozzi. In quell’epoca, ben 86 anni fa, l’opera urbanistica appariva mastodontica, futuristica e quasi spropositata. In un periodo di scarso traffico, la carreggiata doveva sembrare una esagerazione. Il viale gradualmente ospiterà poi i campi da tennis, i giardini, la Palazzina Azzurra ed avrà molta vita, sarà centro dei flussi culturali, sociali e turistici per interi e fortunati decenni, in un crescendo di notorietà balneare e con la presenza di personaggi di rilievo.

Torniamo all’opera di Nespolo. Qualora ce ne fosse bisogno, ma ci auguriamo non occorra, chiariamo che nel significato della scultura non c’è contrapposizione tra lavoro e “ozio”, piuttosto l’atteggiamento mentale che vuol dare al lavoro la giusta collocazione, mantenendo la capacità di saper godere della bellezza di questo nostro mare con la sua forza evocatrice, dando alla vita un equilibrio tra un privato interiore e contemplativo e quello sociale e produttivo. Per quanto riguarda l’estetica, verrebbe da dire che l’opera, se messa a confronto con altri lavori di Nespolo, in realtà è piuttosto sobria ed elegante, nella sua semplicità di linee e forme. Dobbiamo osservarla  alla luce della formazione ed esperienza dell’artista.

Ugo Nespolo, dapprima si diploma a Torino all’Accademia Albertina di Belle Arti, poi, come a voler dare un contenuto semiologico alla sua arte, consegue anche la laurea in Lettere moderne e, artisticamente parlando, si lascia affascinare dalla Pop Art. La provocazione, dal tratto ironico, caratterizza sostanzialmente buona parte della sua produzione.
Collabora con diverse amministrazioni comunali, non solo San Benedetto del Tronto, per la quale, oltre a questa scultura, realizzerà altre opere, ma anche Ascoli Piceno, lavorando per il Palio del Torneo cavalleresco della Quintana. Collabora con Foligno, a favore del Palio della Giostra della Quintana di quella città. E dà un suo contributo artistico anche al Palio di Asti.Realizza scene e costumi al Teatro dell’Opera di Roma, ma anche all’Opera di Parigi, Losanna, Liegi e Metz. Fa dei lavori per la RAI e per il Giro d’Italia del 2003.
Sono solo alcuni esempi per ricordare che la vita artistica e professionale di Nespolo è di tutto rispetto e rilevante, all’avanguardia con intelligenza, concettualmente ancorata alla vita, alla storia, al significato degli eventi.

L’inaugurazione dell’opera sul lungomare ha ben vent’anni , risale al 1998. Crediamo che le polemiche e i dissensi dell’epoca sono definitivamente accantonati e che si possa ormai dire che è parte integrante di un irrinunciabile e caratteristico arredo urbano.
Nelle luci del mattino, come in quelle della sera, le vernici che danno vitalità marina alle parole di acciaio giocano con le tonalità e la tentazione dei moderni selfie, con sullo sfondo le grandi lettere, prende tanto i turisti quanto i residenti. Stando alle recensioni rilasciate sui siti, tipo TripAdvisor, sembrerebbe che quel motto, “Lavorare, lavorare, lavorare, preferisco il rumore del mare”, risulti gradito e di buon auspicio per chi transita in Riviera, per una vacanza, una gita o semplicemente una passeggiata a fine lavoro, in un momento di pausa o nel proprio tempo libero. Il rumore del mare accompagna senza risultare mai invadente, amico sincero di ispirazioni e riflessioni, idee e dialoghi.

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