Una settimana tutta francese: “L’amore secondo Isabelle” e “Doppio amore”

di EUGENIO DE ANGELIS –

In un periodo avaro di grandi produzioni in grado di polarizzare il botteghino – Ready Player One, il maggior successo dell’ultimo mese, supera di poco i 4 milioni complessivi – ci dedichiamo questa settimana ad alcuni film di qualità che di certo non avranno una distribuzione mainstream, ma che molti spettatori potranno andare a vedere proprio approfittando della mancanza di uscite dal maggior richiamo mediatico.

Cominciamo dall’ultimo film di Claire Denis, L’amore secondo Isabelle (Un beau soleil interieur nell’originale) con una Juliette Binoche che, anche superati i cinquant’anni, sprigiona una sensualità dirompente mentre costruisce un personaggio femminile a tutto tondo, vitale e goffo, contraddittorio e desiderante. E se la storia (le storie) delle disavventure amorose di questa donna matura potrebbero non essere di grande richiamo, basti sapere che l’ispirazione per il film deriva dai celebri Frammenti di un discorso amoroso di Roland Barthes e che la messa in scena è incantevolmente decentrata, ricca di ellissi e salti temporali, di frammenti appunto, che se non sempre danno un filo narrativo coerente alla narrazione, regalano una vitalità rara nel cinema contemporaneo.

Si rimane in Francia con Doppio amore, ultima fatica del prolifico François Ozon che, come spesso accaduto nel passato, si cimenta in un film dove erotismo e thriller si mescolano senza soluzione di continuità, in un gioco di specchi, maschere e doppi vertiginoso che vola altissimo senza temere di sfiorare il kitsch e il ridicolo involontario in alcuni punti. D’altronde Ozon è sempre stato coerente con la propria visione e il suo cinema ne rispecchia le passioni/ossessioni: una giovane ragazza (Martine Vacht, già generosamente offertasi alla camera di Ozon in Giovane e bella), viene assunta come custode in un museo, mentre intraprende una relazione incandescente con il proprio terapeuta, il quale cerca di indagare il problematico rapporto della ragazza con la propria madre. Tra De Palma e Polanski, ma con lo stile distintivo dell’autore francese.

Per finire un film Italiano, una commedia tanto per cambiare, ma che cerca di staccarsi dai soliti stilemi nostrani. Il tuttofare di Valerio Attanasio guarda infatti in maniera diretta alla commedia all’italiana degli anni sessanta nel raccontare lo spietato mondo degli studi legali e del clientelismo imperante. Attanasio lo fa attraverso la parabola di una simpatica canaglia (un Sergio Castellitto in versione Gassman-mattatore) e del suo eterno aiutante, riproducendo delle dinamiche di coppia che ricordano quelle di Il sorpasso, senza ovviamente ambire agli stessi risultati. Ma il film testimonia come, anche passati cinquant’anni, il ritratto farsesco di certi tipi italiani rimane efficace per raccontare alcuni aspetti della società, e come una certa cattiveria dello sguardo sia salutare a metterne i mostra i lati meno piacevoli senza costringerci ad assolverli.

Tra i film in uscita questa settimana si segnalano Ghost Stories, horror inglese con Martin Freeman piuttosto interessante come opera prima e che suscita una certa curiosità per l’essere tratto da una pièce teatrale (non certo il terreno prediletto dal genere), Molly’s game, prima regia del geniale sceneggiatore Aaron Sorkin, e il documentario-mondo Untitled – Viaggio senza fine, completato dalla montatrice dopo che il suo regista, Michael Glawogger, è morto proprio durante le riprese del film, in uno dei tanti viaggi ai confini del mondo e dell’umanità intrapresi nella sua carriera.

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