Due cicloni sul palco dell’Ariston: super Fiorello e la “vecchia che balla”. Ed è subito star

di ROSITA SPINOZZI –

Baglioni è furbo. Di solito l’ospite “buono” si conserva per ultimo, per generare suspence e attesa nel pubblico. Ma se l’ospite è Fiorello, vale a dire un autentico asso nella manica in grado di far vincere la partita in ogni momento, tanto vale giocarselo subito. E aprire alla grande la 68^edizione del Festival di Sanremo. Perché, diciamolo, Fiorello che fa capolino dall’Ariston, sorride e dà il benvenuto a tutti alla sua maniera è davvero irresistibile. E fa subito capire che non ce n’è per nessuno, che lo vorremmo per tutta serata in quanto fonte inesauribile di gag intelligenti e mai noiose. E la noia, si sa, prima o poi arriva in quel di Sanremo. Fiorello riesce a gestire tutto, persino il “disturbatore” di turno che irrompe sul palco perché vuole parlare con il procuratore della Repubblica. Nessun problema, Fiore sdrammatizza subito la situazione con ironia (faccio il Pippo Baudo della situazione, dice) e riprende il filo del suo discorso come se nulla fosse. Poi arriva Baglioni e con lui l’eclettismo di Fiorello lascia il posto alla retorica. Ma tanto l’effetto partenza c’è stato e rimaniamo incollati allo schermo perché Fiorello resta ancora, e le sue battute a raffica sono “micidiali”. Un esempio? Il presidente turco Erdogan “che sta venendo a Sanremo perché ha saputo che ci sono 1300 giornalisti liberi”, il “boy toy di Orietta Berti” (si riferisce al candidato premier pentastellato Di Maio), “e se vince il vertice Rai va a casa”,  il “canone che pagano tutti perché sta in bolletta, e se staccano la corrente non si vedono Netflix e Sky”. Poi canta un tributo ai “Capitani Coraggiosi” Baglioni e Morandi (ospite anche lui della serata), duetta con Baglioni (“E tu”) e finge di rubargli la scena, infine si congeda con un “Buon Sanremo 1918” e la promessa di tornare.  Se tutto finora aveva un colore, da questo momento in poi la serata scorre ma i colori restano quelli del bianco ghiaccio della scenografia dell’Ariston in cui, da diversi anni a questa parte, non si vede manco un fiore. Gli unici di quest’anno sono quelli posizionati su giacche, abiti dei cantanti e sulla deliziosa testa di Nina Zilli, come monito contro la violenza sulle donne. Arriva Baglioni, dicevamo, e ci riserva un monologo sulla canzone italiana, sul senso di responsabilità che si prova a gestire questo evento, sulla centralità data alle canzoni, bla, bla,bla…Poi arriva Michelle Hunziker di nero “svestita” che vuole risposare di nuovo suo marito e ci rende partecipi di questa volontà, poi Pierfrancesco Favino che con la sua versatilità e una buona dose di savoir faire attoriale ci fa capire che dopo Fiorello una piccola speranza c’è. In coppia con la Hunziker funziona bene e danno vita a siparietti divertenti. Favino durante la serata ci propone un mix di poesia, musica, ironia e persino imitazioni: attacca con “Silvia rimembri ancor” di Giacomo Leopardi, per poi passare a “Quando quando” di Tony Renis, tornare all’ermo colle leopardiano, perdersi in Edoardo Vianello, Eros Ramazzotti, Zucchero, Minghi-Mietta, Ricchi e Poveri, Nilla Pizzi, Renato Rascel, Loretta Goggi, Lucio Battisti, e gran finale con il “Namastè Olè” di Francesco Gabbani. Promosso Favino. La Hunziker gioca in casa: è l’unica dei tre ad aver già calcato il palco di Sanremo, conosce tempi e dinamiche, è a suo agio e si vede. Le canzoni tornano ad occupare un ruolo centrale. Sono venti i big e non verranno sottoposti al rito dell’eliminazione. Il primo ascolto ci è servito per comprendere ed entrare nella storia e melodia di ogni canzone, di cui parleremo più avanti. Comunque sia la giuria demoscopica ha già dato il suo primo parere, emblematico ma non definitivo, che può successivamente cambiare con il voto della sala stampa, il televoto, e giuria di esperti (solo sabato). E arrivano, come al solito, i primi malumori. Allora le fasce di gradimento sono tre: Rossa vale a dire “a rischio” (Decibel, Diodato e Roy Paci, Renzo Rubino, Enzo Avitabile con Peppe Servillo, Red Canzian, Le Vibrazioni, Roby Facchinetti e Riccardo Fogli); Gialla vale a dire “così così” (Luca Barbarossa, Mario Biondi, The Kolors, Elio e le Storie Tese, Giovanni Caccamo, Ornella Vanoni con Bungaro e Pacifico), Blu vale a dire “tutto ok” (Nina Zilli, Lo Stato Sociale, Noemi, Annalisa, Max Gazzè, Ron, Ermal Meta e Fabrizio Moro). Per il momento è tutto, ma una nota di merito va alla “vecchia che balla” dello Stato Sociale: la splendida ballerina 83enne Sarah Patricia Jones, alias Paddy Jones, che ci ha lasciato davvero senza fiato, dopo l’esibizione di un ballo acrobatico insieme a Nico, suo fedele compagno di danza. Ed è subito star.